Colloqui sulla Comunicazione Istituzionale
Incontro con p. Giulio Albanese
Direttore di comunicazione della Diocesi di Roma
"The news not in the news. Le notizie che non fanno notizia: l'altra informazione che parte dagli ultimi"
Mercoledì 17 maggio 2023
Aula Álvaro del Portillo
Ospite all'incontro di mercoledì nella nostra facoltà è stato Don Giulio Albanese, Direttore dell'Ufficio per le Comunicazioni Sociali della Diocesi di Roma, che ha trattato il tema "The news not in the news. Le notizie che non fanno #notizia: l'altra informazione che parte dagli ultimi".
“Sappiamo poco o niente di ciò che succede nel mondo” ha esordito padre Albanese, dunque “la sfida è raccontare quello che di solito resta nel cassetto”. Per questo “il dialogo è fondamentale e anche la condivisione dei saperi”. Citando Sergio Zavoli, che Albanese considera il suo maestro, ha raccontato quando nel 2008/2009 stava lavorando ad in saggio dal titolo "La questione" nel quale citava uno studio universitario che dimostrava che su 100 fatti a livello planetario solo 20 vengono rilanciati dal mainstream mediatico. Questi in gran parte sono anche riportati con informazioni distorte. “Ed è risaputo che, alla fine, solo il 2% sono le notizie veicolate e raccontate correttamente. Secondo la mia esperienza di cronista che andava in giro come ‘casco blu di Dio’ posso assicurarvi che è vero”.
Secondo il direttore questo processo avviene perché le notizie si mischiano agli interessi economici. Sia del mondo editoriale sia della politica. Raccontando della visita di Papa Francesco in Congo Kinshasa ha ricordato l’appello rivolto al consesso delle nazioni, ma anche alle classi dirigenti del paese, per pacificare e cambiare la situazione. “Un paese come la Repubblica Democratica del Congo dovrebbe essere ricchissimo. Se un decimo di quella ricchezza fosse messa a disposizione del popolo la nazione sarebbe la più ricca al mondo. Invece è il fanalino di coda. Gli interessi esteri e i potentati locali si mischiano e sono predatori. Il nostro compito, da cattolici, è fare il tifo per la società civile, per quegli uomini e donne dimenticati da tutti”.
“Anche le guerre si combattono in nome del dio denaro”, ha sottolineato, ed è per questo che il ruolo dei giornalisti è fondamentale. “Ne ho conosciuti alcuni che mi hanno colpito quando ero giovane. Ad esempio ho incontrato Ryszard Kapuściński. Altri invece, meno, perché erano corrispondenti, non inviati”. Albanese ha spiegato la grande differenza che c’è tra questi due ruoli. “C'è una grossa differenza: quando sono partito come corrispondente in africa negli anni 80 c'erano giornalisti residenti che conoscevano bene il territorio. Avevano la possibilità di seguire la cronaca di quei paesi fedelmente e quotidianamente. Oggi, a causa di piani editoriali mercificati, i corrispondenti sono stati tutti ritirati e sostituiti dagli inviati che vengono ridotti al rango di tuttologi e l'approccio rischia di essere generalista e le loro fonti molto spesso lasciano a desiderare”. Da qui il richiamo al giornalismo come vocazione, quale “prima forma di solidarietà”, nata allo scopo di “informare, cioè, dare forma, gerarchizzare le notizie. Oggi quelle che tutti dovremmo conoscere spesso restano nel cassetto e questo è un peccato”. Come di fronte al fenomeno dei “baby soldiers” in Uganda, situazione che padre Albanese conosce bene per averla vissuta in prima persona subendo torture e rischiando anche di essere fucilato per mano dei ribelli. “Oggi gli interessi mercantili prendono il sopravvento sulla persona umana, e in alcuni casi le regole del gioco le dettano interessi occulti” ha detto. In ogni caso, “la deontologia resta fondamentale. Non possiamo permetterci di essere silenti”.
Se da una parte la denuncia è fondamentale perchè diventa profezia, è importante anche cogliere tutto ciò che di positivo si manifesta. “Oggi è importante specializzarsi in un settore” per essere incisivi. “Questo permette di acquisire competenze, credibilità, autorevolezza”. Ad esempio, sulla questione della crisi del Sud Sudan “la stampa cattolica è l'unica che sta seguendo la questione mentre le stampe nazionali non danno notizie. La Croix, Avvenire, L’Osservatore Romano la stanno seguendo e hanno il dovere di farlo”. “Chi si dice credente anche in un giornale non cattolico deve alzare il pugno e insistere su queste notizie nelle riunioni di redazione” perché “è una falsità dire che queste notizie non interessano. Dipende da come vengono presentate, se si riesce o meno a mettere in evidenza i legami tra la realtà vissuta sul campo e la nostra realtà occidentale”. Solo in questo modo “è possibile riconciliare le esigenze del mercato con la deontologia professionale”.