Colloqui sulla Comunicazione Istituzionale*
"Simboli religiosi e neutralità delle istituzioni. I luoghi di culto"
Sono intervenuti
Ahmad Ejaz, Consigliere di amministrazione, Centro Islamico Culturale d'Italia
Marco Mattiuzzo, Unione Induista Italiana - Sanatana Dharma Samgha
Giovanni Doria, Università Tor Vergata
Aula Magna "Giovanni Paolo II"
"Simboli religiosi e neutralità delle istituzioni. I luoghi di culto" è stato il titolo dell’incontro di ieri in facoltà all’interno della più ampia Giornata di studio su "Costruire la pace: la presenza pubblica della religione", organizzata in collaborazione con l'Associazione ISCOM.
Il tema del pluralismo religioso, la laicità dello stato, e i simboli religiosi come mezzo di conoscenza dell'altro è stato trattato da Marco Mattiuzzo, dell' Unione Induista Italiana - Sanatana Dharma Samgha. "Le religioni convivono tutti i giorni all'interno delle nostre città – ha detto Di Maria – e la dimensione del pluralismo religioso pone la relazione al centro della scena pubblica come fattore di integrazione. Lo Stato, dunque, ha un'enorme responsabilità: quella di promuovere le religioni, rimuovendo le ghettizzazioni e i conflitti”. Il tema della laicità è vitale. “Dire laicità oggi è come dire democrazia” ha affermato. “È come dire come vogliamo amare, soffrire, morire, senza recare danno a nessuno". Il modello proposto è quello dell’equidistanza. "Visto che questi due enti, Stato e religioni, perseguono lo stesso fine, lo Stato laico dovrebbe integrare invece di escludere, perché per conoscersi reciprocamente è necessario il dialogo che passa non solo nelle sedi istituzionali ma si diffonde nel corpo vivo della società, con lo scambio di sapere e anche con la condivisione delle festività religiose altrui". Un significato importante, in questo contesto, lo occupano i simboli. “Perchè togliere i simboli religiosi nelle aule scolastiche invece di aggiungerne di nuovi?” si è chiesto Franco Di Maria riguardo la possibilità di affiancare il crocifisso sulle pareti di edifici pubblici. Aggiungendo un simbolo “chi crede in quel simbolo si sentirebbe a proprio agio mentre chi non si riconosce in quel simbolo sarebbe spinto ad avere curiosità e ad approcciarsi ad esso".
Anche Ahmad Ejaz, Consigliere di amministrazione del Centro Islamico Culturale d'Italia condivide questa visione pluralista di società. "Io oggi sono cittadino del mondo grazie all'emigrazione – ha affermato – che mi ha fatto capire che il mondo interculturale è bello e la pluralità significa aggiungere qualcosa, non sottrarre qualcosa”. Al contrario, "sono le distanze che fanno crescere pregiudizi e stereotipi" ha sottolineato, ricordando come non sia giusto marchiare un’intera comunità religiosa per il solo fatto che avvengono notizie di cronaca negative. “È quello che succede anche oggi quando una parte prende possesso del nome Islam e uccide altre persone. Questa è ignoranza. Una non conoscenza dell'islam. Islam significa pace” ha dichiarato, con un passaggio sulla presenza islamica in Sicilia già mille anni fa. “Siamo una ricchezza culturale per questo paese perché, ad esempio la lingua italiana senza l'arabo risulterebbe incompleta. Le parole 'sorbetto', 'denaro', 'divano', 'meschino', vengono dall’arabo, così come i numeri, che poi sono entrati anche in Francia e Spagna". La presenza dell’Islam, ha detto Ejaz, è garanzia di pluralismo.
Giovanni Doria, dell’Università Tor Vergata si è concentrato su un aspetto delicato. Le vicende legali in Italia circa l’ostensione del crocifisso nei luoghi pubblici. "Prima era obbligatorio esporre il crocifisso in ogni aula di ogni plesso scolastico pubblico. Questo obbligo è stato affrontato sia a livello europeo che a livello nazionale". In ambito europeo, ha spiegato Doria, il tribunale di prima istanza della Corte europea dei Diritti dell'uomo ha dapprima stabilito che l'obbligo di esporre il crocifisso violava i principi di libertà e ne sanciva dunque la rimozione. "Poi nel 2011 la Corte Europea ha ribaltato la sentenza ritenendo che l'obbligo posto dallo stato italiano fosse invece compatibile con la Carta dei diritti dell'uomo". In un primo momento nel nostro paese “la Corte di Cassazione ritenne l'obbligo incostituzionale. Tuttavia rimise la questione alla Corte di Cassazione a Sezioni riunite che adottò una risoluzione di equilibrio fondata sulla centralità del principio della laicità dello stato". In pratica, ha raccontato Doria, “ha riconosciuto che non c'è un obbligo di ostensione ma una possibilità di esposizione che resta a discrezione del corpo docente". L’importanza di questa decisione, ha concluso, "mostra che le identità e le istanze religiose nello Stato, vengono presentate anche come istanze culturali, non come dogmi”. Dunque “la neutralità, in un certo senso, deve essere accogliente".
*N.B.: L'incontro si inserisce all'interno della Giornata di studio sulle religioni “Costruire la pace: la presenza pubblica della religione” (https://www.pusc.it/gdsrel2022).
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