Colloqui sulla Comunicazione Istituzionale - Incontro con Massimo Filipponi, 29 novembre 2023
Colloqui sulla Comunicazione Istituzionale
Incontro con il Dott. Massimo Filipponi
Direttore della Comunicazione, Fondazione Ospedale Sant’Andrea-Ets
"Giornalista e comunicatore pubblico, così il digitale cambia il lavoro"
Mercoledì 29 novembre 2023
Aula Álvaro del Portillo
“Perché parliamo di informazione?” si è chiesto Massimo Filipponi, Direttore della Comunicazione della Fondazione Ospedale Sant'Andrea-Ets, la scorsa settimana in un incontro in facoltà con i nostri studenti. “Perché informare significa dare forma. Significa formarsi all'interno un convincimento”.
Fino agli anni 90 – ha raccontato Filipponi – i media erano tre: tv, radio, quotidiani. I media davano le notizie e su quella base il pubblico formava le proprie idee, con relativi atteggiamenti. “Fino a quegli anni i media avevano chiarezza, autorevolezza, affidabilità. Il quotidiano, ad esempio, era fortemente riconoscibile e si differenziava in modo chiaro dalla pubblicità”. Dagli anni 90 inizia l’era del #web. Da quel momento in poi non abbiamo più la carta in mano ma il telefonino. “Questo comporta che non esiste più l'informazione come prima, cioè la capacità di dare forma ai nostri pensieri nel momento in cui li riceviamo”. Nasce una nuova comunicazione. "Etimologicamente la parola viene da Cum munus, cioè facciamo parte di una società con un ruolo da svolgere”. Questa comunicazione, sottolinea Filipponi, ha delle caratteristiche ben precise. “La tecnologia. Per cui dobbiamo avere tutti lo stesso mezzo, quindi accessibilità senza preclusione; l’interattività. Gli utenti possono commentare, condividere, ecc. Prima eravamo isolati, ora interagiamo con il fornitore di notizie e il commento alla notizia piò diventare a sua volta notizia; la velocità e gli aggiornamenti in tempo reale. Sul giornale la notizia ha un limite temporale e spaziale, mentre con gli strumenti tecnologici le notizie si aggiornano in tempo reale”. Naturalmente questo modo di comunicare ha anche degli svantaggi: “La profilazione degli utenti. Cioè tutte le azioni che facciamo vengono immagazzinate. Ad esempio nel marketing si raggruppano le persone con gli stessi gusti, e nella comunicazione succede lo stesso. Ogni azione sarà attenzionata e nel fornire all'utente successive notizie si terrà conto dei nostri usi e costumi”. Inoltre si sono moltiplicati i canali e si comunica con video, testi, immagini, podcast, vignette, ecc. e questo aumenta la complessità informativa.
Ma che cosa cambia con questo modo comunicare? Che i giornalisti devono confrontarsi con gli altri sulle informazioni che conoscono. “Se prima c'era una linea retta dal giornalista al pubblico, ora c'è una circonferenza, cioè ogni utente informa la persona accanto della comunità. Il lettore non è più un cliente di un negozio o di un prodotto fisico ma diventa navigatore della rete”. Non solo, ma se prima l'informatore parlava alla testa per farsi capire oggi è più importante la sfera emotiva. “Nella comunicazione ho bisogno di emozionare l'utente perché lui metta in atto un processo contagioso verso gli altri della sua comunità. Vediamo così l’indignazione, o il plauso, la condivisione, ecc.”. La prima promozione che facciamo – ha detto Filipponi – è mettere un like ad una notizia. “I like generano delle classifiche, delle categorie, che gli algoritmi dei social, o di Google, captano”. Se una notizia è stata commentata da 5 milioni di persone verrà messa in alto nelle ricerche. “È chiaro che il giornale di carta non può restare indifferente a questa logica, dunque i nostri click generano la gerarchia e l'importanza delle notizie. In un certo senso ora è il pubblico che decide cosa è importante per la società, non il giornalista”.
Qual è il pericolo, si chiede il relatore? “Il conformismo, la polarizzazione, dare luogo ad una divisione in parti. Questo perché l'uomo tende ad associarsi con le persone che la pensano come lui”. In alcuni temi, poi, è difficile avere una posizione super partes ed è normale che si tenda a prendere posizione. Un altro pericolo – ha ricordato – è l’effetto Echo Chamber, “che si genera perché in fondo con i nostri click cerchiamo solo la narrazione che conferma le nostre idee e la nostra posizione, come una camera di risonanza”. Si può arrivare così ad una distorsione della realtà e al vecchio fenomeno delle fakenews.
Per fare una comunicazione di qualità, allora, occorre tornare a mettere in pratica buone pratiche come quelle indicate dal manifesto della Comunicazione Non Ostile. Filipponi, a questo riguardo ha indicato 5 punti su cui indirizzare una riflessione: Conoscere il pubblico, per capire a chi parliamo e a chi rivolgiamo la nostra comunicazione; chiarezza e semplicità nel linguaggio e nei modi espressivi; coinvolgere il pubblico per farlo sentire parte di ciò che comunichiamo, come protagonista e non come spettatore passivo; adattabilità e flessibilità del giornalista insieme a coerenza e autenticità.
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