Colloqui sulla Comunicazione Istituzionale- Incontro con Julia Sarkozy, 22 novembre 2023
Colloqui sulla Comunicazione Istituzionale
Incontro con la dott.ssa Julia Sarkozy
Corrispondente a Roma di MTI- Agenzia di Stampa Ungherese, e di MTVA - Radio Televisione Ungherese
"Capire il contesto culturale e storico per informare bene"
Mercoledì 22 novembre 2023
Aula Álvaro del Portillo
“La notizia d’agenzia la scrivo seduta per terra a piazza San Pietro di solito. Il mio ufficio è la strada. Gli approfondimenti, invece, li faccio successivamente”. Così, Julia Sarkozy, corrispondente a Roma di MTI,l’agenzia di stampa ungherese, e di MTVA, la Radio Televisione ungherese, nell’incontro di mercoledì con i professionisti della comunicazione.
“Possiamo dire che l'immagine del giornalista nel mondo è superficiale, i nostri compiti sono molto aumentati, soprattutto per i vaticanisti che devono saper fare tv, radio, scrivere e avere tante competenze. Un corrispondente normalmente fa tutto. Anche i giornalisti delle grandi emittenti ormai oggi con lo smartphone fanno anche radio e tv”. Sarkozy ha raccontato nel dettaglio il suo lavoro a Roma, da fine degli anni ’80 ad oggi. In Ungheria la tv ha un pubblico medio per interesse e cultura. Poca conoscenza della vita ecclesiastica, poca conoscenza del Vaticano e di solito non credenti. Per riuscire a far passare il messaggio, a fare un buon servizio, occorre – ha detto – mostrare fisicamente il luogo e dare maggiori dettagli e spiegazioni. “Se faccio la diretta da piazza San Pietro, ad esempio, faccio sempre vedere il cupolone che aiuta gli spettatori a capire che sono a Roma e sto parlando del Vaticano”. Per quanto riguarda radio e l’agenzia, invece, c’è un flusso continuo, “il pubblico è di un livello più alto, in genere più colto: politici, colleghi giornalisti, anche la Conferenza Episcopale segue l'agenzia di stampa, ecc.”.
Come è nata l'idea di seguire il Vaticano? “Nel1998 ho iniziato a fare corrispondenze a Natale, raccontando dell'albero di Natale in piazza. Poi è venuta Pasqua, ecc. Da allora facciamo corrispondenza dal vaticano, un tema nuovo per gli ungheresi che vivevano la fede in segreto, nascosti, il vaticano storicamente in Ungheria era un mondo lontano, nemico”. La difficoltà, ha raccontato, era nelle espressioni quotidiane, nel trovare il modo giusto di esprimersi. “Ad esempio era uno scandalo dire che il Papa si affacciava dalla finestra per fare il suo discorso, perché un Papa non si affaccia da una finestra…”. Inoltre la sfida era trovare un nuovo linguaggio, un linguaggio laico per comunicare. “Il Papa parla di Dio, di Maria, di teologia, io dovevo riportare le parole in modo rispettoso ma in modo laico con termini comprensibili. Ad esempio il termine sacerdote, prete, messa, in 30 anni gli ungheresi non l'avevano mai sentito. Come omelia, santo, motu proprio, ecc.. Aiutava molto che Giovanni Paolo II prima, e Benedetto XVI dopo, facessero i saluti in ungherese a Natale. Questo ha avvicinato la popolazione che aspettava la diretta solo per ascoltare dalle labbra del Papa le parole pronunciate in ungherese”.
Cosa si trasmette oggi dal vaticano in lingua ungherese? “Tutto, soprattutto i discorsi – l’Ucraina, la crisi mediorientale – i discorsi della domenica, le feste, ecc. Negli ultimi 20 anni c'è un boom di siti, ma comunque non ci sono corrispondenti, dunque la mia figura è importante”. Va anche tenuto conto che secondo gli ultimi dati oggi c’è una frequentazione cattolica nel paese del 10% “che non è molto". Ma oggi "si cominciano a vedere preti e suore per strada e c’è un maggior interesse dei temi ecclesiastici”.
Come parla il Vaticano? “Il corrispondente deve tradurre le parole, i concetti, dall'italiano”. Questa è una prima difficoltà, soprattutto quando il Papa lascia il testo scritto e comincia a parlare a braccio. “PapaFrancesco ha un registro abbastanza alto ma anche uno colloquiale. Non invia ai giornalisti i discorsi in anticipo e, se lo fa, spesso improvvisa. C’è la difficoltà su termini che lui usa spesso: scarto, sinodo sulla sinodalità, o, riferiti alla Laudate Deum, paradigma tecnocratico o pungiglione etico. Il corrispondente è il primo a sentire le parole del papa e decidere come tradurle nella lingua ungherese e questa è una grande responsabilità”.
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