Il senso di un'ecologia integrale. Una lettura dell'enciclica Laudato si'
Nel suo terzo anno di Pontificato, il 24 maggio 2015 Papa Francesco ha firmato l'Enciclica sulla cura della casa comune Laudato si'.
Nell'articolo che segue, il prof. Giuseppe Tanzella-Nitti, della Facoltà di Teologia, prova a tracciare il cuore del messaggio del Pontefice, legato al valore morale e relazionale di ogni azione umana.
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Un'enciclica estesa ed esigente come Laudato si' non si presta a facili commenti. Troppo importanti e delicati gli argomenti trattati per non attendersi un dibattito vivace: dall'opzione per le energie alternative e rinnovabili al valore quasi sacrale di ogni specie biologica; dall'intrinseco legame fra inquinamento e sfruttamento dei poveri alla visione totalmente relazionale, quasi olistica, del rapporto fra uomo e natura; dalla critica alla visione strumentale della tecnica al relativismo come causa della cultura "usa e getta".
È come se Papa Bergoglio ci facesse salire su un vettore spaziale e ci mostrasse per la prima volta il nostro pianeta azzurro con una nuova profondità di campo. Una percezione che – proprio come chi, dallo spazio, riflette sulla posizione della terra e dell'uomo nel cosmo – dovrebbe spingere anche ciascuno di noi a cercare nella comune dipendenza da un Creatore, un fondamento che motivi il nostro agire responsabile, una base su cui edificare un futuro più ottimista, una volta convertiti a comportamenti che pongono al centro il rispetto degli altri, il servizio, la condivisione.
Qual è, dunque, il messaggio centrale dell'enciclica? Riteniamo che il cuore del messaggio sia chiarire il valore morale e relazionale di ogni nostra azione, per piccola che possa sembrare. Dalle grandi multinazionali alla madre di famiglia, tutti siamo invitati a riflettere sulle conseguenze dei nostri comportamenti, perché essi non sono mai privati, neutri: su un pianeta come il nostro ogni gesto entra in relazione con gli altri. Il testo di Papa Francesco, in sostanza, si dirige in modo chiaro ed energico contro l'individualismo, ma non si esaurisce per questo in una condanna: è l'invito a rispettare quanto abbiamo ricevuto e a costruire insieme una creazione ancora in status viae.
I canoni del rapporto fra uomo e natura richiedono una necessaria relazione con il Creatore: non possiamo difendere la terra in una logica in cui l'essere umano debba scomparire per fare posto alla natura; non custodiamo la natura per onorare la natura, ma perché la natura è creatura di Dio, insieme all'uomo ed in certa misura a lui ordinata.
La proposta che soggiace il documento è quella di porre le basi perché si possa parlare di una ecologia integrale. L'espressione non si riferisce tanto al fatto di estendere l'oggetto materiale delle nostre cure per includervi sempre nuovi elementi o comportamenti, quanto all'idea di generare una cultura – ed una corrispondente leadership – capace di accrescere in noi la consapevolezza del valore delle relazioni che ci legano agli altri, alla natura, a Dio, l'importanza di ciascuna di esse per il bene del tutto. In tal senso, si può parlare di una vera e propria "ecologia culturale".
Ne viene così rivista la nozione di "qualità della vita": essa non è più solo legata ai beni materiali e di consumo di cui si dispone, ma alle relazioni di cui si è protagonisti; relazioni storiche, familiari, culturali, ambientali che ci arricchiscono e ci fanno essere noi stessi (cf. n. 145). Si trova qui un'importante ermeneutica di tutto il documento: quando parliamo di "ambiente", afferma Papa Francesco, facciamo riferimento alla relazione tra la natura e la società che la abita (cf. n. 139). Aspetto fondamentale di questa ecologia integrale è riflettere sulla nozione di "ecologia umana" che, in continuità con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, anche Francesco non teme di collegare all'idea di natura umana e di legge naturale. L'ecologia umana, si afferma, implica la necessaria relazione della vita dell'essere umano con la legge morale inscritta nella propria natura, indispensabile per creare un ambiente dignitoso e vivibile, nel quale l'essere umano si trovi a proprio agio. Ed esiste una "ecologia dell'uomo" perché anche l'uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere (cf. n. 155). Non mancano qui delle applicazioni al problema del gender (n. 155).
Nella situazione odierna, la nozione di bene comune non può essere impiegata senza far riferimento anche ad un "principio di solidarietà" (cf. nn. 155-158). Parlare di ambiente si traduce dunque, necessariamente, in un discorso sull'attenzione ai più poveri, che dei comportamenti contrari ad una retta ecologia sono i primi a pagarne le conseguenze. Siamo dunque di fronte ad un documento di dottrina sociale della Chiesa, nel quale il tema della giustizia, dell'equa distribuzione dei beni e della difesa dei più deboli costituisce la maggiore preoccupazione di fondo che ne motiva le riflessioni. Sarebbe però riduttivo inquadrarla come una semplice enciclica sociale, così come sarebbe riduttivo, per quanto prima visto, interpretare la nozione di ecologia come semplice cura dell'ambiente naturale. L'enciclica ci pone di fronte anche ad una visione della scienza e della tecnica, ai loro rapporti e, soprattutto, al ruolo dell'uomo come soggetto dell'impresa tecnico-scientifica.
Scienza e religione, pur fornendo approcci diversi alla realtà, possono entrare in un dialogo intenso e produttivo (cf. n. 62); anzi, per costruire un'ecologia che permetta di riparare ciò che abbiamo distrutto, nessun ramo delle scienze e nessuna forma di saggezza può essere trascurata (cf. n. 63). Una scienza che pretenda di offrire soluzioni alle grandi questioni, deve tener conto di tutto ciò che la conoscenza ha prodotto nelle altre aree del sapere, comprese la filosofia e l'etica sociale (cf. n. 110). Papa Francesco, come già prima di lui Giovanni Paolo II, prende le distanze da una visione della neutralità della scienza o della tecnica. Esse sono azioni dell'uomo e, dunque, legate ad una specifica valutazione morale (n. 107).
La tecnologia comporta certamente dei rischi, ma non va demonizzata, perché ad essa dobbiamo il miglioramento delle nostre condizioni di vita (cf. nn. 103-104). Affinché la scienza e la tecnica cooperino al bene e al progresso umano sono necessarie due cose: lo studio e la trasformazione della realtà devono rispettare la verità e il significato presenti nelle cose, ultimamente poggiato su una relazione di creazione (cf. n. 117); inoltre, l'operatore scientifico deve crescere in umanità e saggezza. Ritroviamo quanto Guardini aveva indicato a proposito delle necessità di una valorizzazione umanistica della tecnica. "L'uomo moderno non è stato educato al retto uso della potenza, perché l'immensa crescita tecnologica non è stata accompagnata da uno sviluppo dell'essere umano per quanto riguarda la responsabilità, i valori e la coscienza" (n. 105).
Sempre in merito al rapporto con le scienze, alcuni spiriti critici potranno forse distanziarsi da alcune affermazioni del testo le quali, se prese letteralmente, potrebbero risultare non sempre precise. Ne facciamo riferimento nella versione estesa di quest'articolo.
"In questa Enciclica, afferma Papa Francesco, mi propongo specialmente di entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune" (n. 3). La custodia del pianeta, ma anche la cura e lo sviluppo del tessuto di relazioni associate alla nozione di "ecologia integrale", è vista dal Pontefice come un fecondo terreno di incontro per diversi popoli e culture, il tema-guida di un ecumenismo su larga scala che aiuti l'uomo a riprendere coscienza del suo ruolo e del suo destino. Può essere un nuovo punto di partenza – così ce lo auguriamo – per tornare a guardare il nostro pianeta azzurro con la prospettiva giusta: non solo il luogo di risorse che devono essere ottimizzate e di spazi da condividere, ma anche come il luogo che custodisce la memoria di un dono del Creatore, quella della vita di ciascun essere umano, di ogni vivente che ci ha preceduto e che verrà.
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