Cristo è vivo in ogni giovane
Dal 3 al 28 ottobre 2018 Papa Francesco ha convocato il Sinodo dei Vescovi su I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. I frutti di questa Assemblea sono confluiti nell'Esortazione apostolica post-sinodale rivolta ai giovani e a tutto il Popolo di Dio Christus vivit, pubblicata il 25 marzo 2019.
Tra i collaboratori dello staff del Sinodo, oltre al prof. Giuseppe De Virgilio, c'era Kevin De Souza, dottorando della Facoltà di Teologia, che racconta nell'articolo che segue i frutti di quella esperienza.
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Sono stato nominato nel gruppo di esperti per il Sinodo su I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, celebrato dal 3 al 28 ottobre 2018. Prima del Sinodo ho riflettuto sull’Instrumentum Laboris – il documento di lavoro che era stato messo insieme all’inizio dell’anno. Il testo era strutturato in tre parti: la prima riguardava il modo in cui la Chiesa deve riconoscere la realtà del mondo attuale; la seconda, l'interpretazione della realtà da una prospettiva di fede; nell’ultima parte, come la Chiesa debba scegliere le modalità per rinnovare il suo approccio all'evangelizzazione.
Il documento è stato il frutto del lavoro di molti. Ha incluso il contributo di centomila giovani provenienti da diverse parti del mondo che hanno partecipato a un questionario online multilingue. Trecento giovani si sono poi recati a Roma per la riunione pre-sinodale, tra il 19 e il 24 marzo 2018, e hanno presentato il risultato delle loro deliberazioni. Ciò è stata l’espressione tangibile del desiderio della Chiesa di ascoltare tutti i giovani.
L'Instrumentum Laboris era come una miniera. Il compito dei Padri sinodali sarebbe stato quello di estrarre ciò che ritenevano importante e di redigere un documento finale che sarebbe stato presentato al Santo Padre nell’ultimo giorno del Sinodo. Quest’ultimo testo è stato lo schema che Papa Francesco ha poi utilizzato come riferimento per scrivere l'Esortazione Apostolica Postsinodale Christus vivit.
Intorno al successore di Pietro
La Messa inaugurale del Sinodo si è svolta mercoledì 3 ottobre in Piazza San Pietro. Forse è stato per me ancora più speciale, perché l’équipe di esperti aveva dei pass che davano accesso attraverso le porte di bronzo della Basilica e nella zona del sagrato. Ero seduto in prima fila a sinistra dell’altare. Dopo la Messa, ho salutato brevemente Papa Francesco. Mentre se ne andava, ero quasi convinto che non l’avrei più rivisto così da vicino.
Mi sbagliavo. Quel pomeriggio raggiunsi l’Aula Paolo VI mezz’ora prima dell’inizio della Prima Assemblea Generale. Venendo dalla direzione opposta c’era il Santo Padre praticamente senza addetti alla sicurezza. Aspettai qualche minuto per permettere al Papa di entrare nell’Aula. Ero un po’ perso nei miei pensieri quando, qualche istante dopo, mi sono recato all’ingresso. Improvvisamente, vidi davanti a me la figura di una persona vestita tutta di bianco… Il suo ampio sorriso mi disarmò. Stava lì a salutare quelli che entravano fino a quando non sarebbe arrivato il momento di cominciare la seduta.
Questo fu il primo di tanti istanti in cui, come tutti i partecipanti, mi sono trovato a contatto con il Papa. Questa vicinanza intorno al successore di Pietro ha reso speciale per noi il Sinodo dei giovani. Papa Francesco era accessibile durante le pause caffè al mattino e negli orari pomeridiani tra una sessione e l’altra. Ciò ha rotto il ghiaccio per coloro che forse non sapevano come rapportarsi con il Santo Padre.
Francesco è stato una figura paterna in ogni momento. Tra i suoi numerosi punti di forza c’era la sua capacità di ascoltare attentamente chiunque volesse condividere con lui un momento privato. Era aperto alle loro richieste, dalla benedizione di articoli religiosi a posare per un selfie. Il suo calore, il suo affetto e la sua spontaneità gli hanno permesso di andare d’accordo con i giovani. Scriverà più tardi che “i giovani hanno bisogno di essere rispettati nella loro libertà, ma hanno bisogno anche di essere accompagnati” (Christus vivit, n. 242). I padri sinodali hanno riconosciuto che la Chiesa potrebbe incoraggiare la disponibilità dei pastori, sottolineando allo stesse tempo che c’è “la necessità di preparare consacrati e laici, uomini e donne, che siano qualificati per l’accompagnamento dei giovani” (n. 244).
Un’esperienza ecclesiale
Eravamo poco più di 300 partecipanti che si sarebbero incontrati dal lunedì al venerdì per tre settimane. La maggioranza erano Vescovi, un gruppo di oltre 30 rappresentanti dei giovani, alcuni uditori, il gruppo di esperti e una efficiente squadra di backstage che – come si dice – ha fatto girare la palla. Cattolico significa universale: abbiamo avuto la possibilità di vivere questa universalità. Il Sinodo ci ha permesso di condividere tempo e idee con persone provenienti da diversi Paesi e contesti culturali. È stata un’esperienza ecclesiale unica.
Abbiamo ascoltato testimonianze di Vescovi e giovani che hanno parlato di persecuzione. Altri hanno raccontato come sembra esserci un numero decrescente di persone che praticano la loro fede. La Chiesa soffre. D’altra parte, “la Chiesa è viva” come aveva detto Benedetto XVI nel 2005. Alcuni Vescovi hanno parlato di greggi vibranti e in crescita che necessitano di una maggiore cura pastorale. È stato bello sentire storie eroiche di giovani pronti a morire per la loro fede. È il caso di un giovane indiano martirizzato qualche mese prima del Sinodo, come ha raccontato il suo Pastore. La Chiesa nella sua universalità è composta da una grande diversità.
Ecco perché Christus vivit non pretende di dare una risposta universale. Invita le Conferenze episcopali di diversi Paesi a mettere in pratica le idee proposte nei loro specifici contesti culturali e di fede. Il rinnovamento nella Chiesa non si realizza mettendo da parte il suo messaggio e facendo quello che tutti gli altri stanno facendo. La Chiesa “è sé stessa, quando riceve la forza sempre nuova della Parola di Dio, dell’Eucaristia, della presenza di Cristo e della forza del suo Spirito ogni giorno. È giovane quando è capace di ritornare continuamente alla sua fonte” (n. 35).
La sorgente è Cristo e i sacramenti affidati alla sua Chiesa. Dobbiamo tornare alle nostre radici quando ci troviamo di fronte ad alcune delle questioni attuali. L'ambiente digitale ha fatto progressi; allo stesso tempo i social network sono anche un territorio di “solitudine, manipolazione, sfruttamento e violenza, fino al caso estremo del dark web. I media digitali possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni interpersonali autentiche” (n. 88).
Christus vivit ci ricorda che la risurrezione di Cristo ha portato la speranza al mondo. E ci sono giovani che hanno fatto da apripista nell’ambiente digitale come il Venerabile Carlo Acutis. È morto nel 2006 all’età di 15 anni per leucemia. Questo giovane ragazzo amava il mondo dell’online e lo utilizzava per “trasmettere il Vangelo, per comunicare valori e bellezza” (n. 105). Il Papa lo pone come un’icona di speranza per i giovani a cui guardare nell’era digitale.
I giovani sono la Chiesa
Questa Esortazione Apostolica ribadisce l'importanza dei giovani per la vita della Chiesa. Essi non sono solo il futuro, ma anche il suo presente. Troppo spesso sembriamo guardare ai giovani come “oggetto” dell’azione pastorale. Ciò trascura la parte essenziale della loro vocazione cristiana: i giovani sono la Chiesa, come tutti i fedeli battezzati. I pastori devono aiutarli a comprendere che hanno una vocazione, che è una chiamata all’amicizia con Cristo, la chiamata alla santità che “ci permette di capire che nulla è frutto di un caos senza senso, ma al contrario tutto può essere inserito in un cammino di risposta al Signore, che ha un progetto stupendo per noi” (n. 248).
I membri della famiglia, i pastori e tutti coloro che accompagnano i giovani hanno un ruolo nell’aiutarli a scoprire la loro vocazione nella vita. È un progetto che ognuno deve scegliere liberamente. L’accompagnamento deve guidare i giovani a comprendere che la vocazione è un cammino che guida le nostre azioni al servizio degli altri.
Francesco dice che comprendere la vocazione in questo modo “dà un valore molto grande a tali compiti, perché essi smettono di essere una somma di azioni che si compiono per guadagnare denaro, per essere occupati o per compiacere gli altri. Tutto questo costituisce una vocazione perché siamo chiamati, c’è qualcosa di più di una mera scelta pragmatica da parte nostra. In definitiva, si tratta di riconoscere per che cosa sono fatto, per che cosa passo da questa terra, qual è il piano del Signore per la mia vita” (n. 256).
Infermieri, falegnami, giornalisti, ingegneri, insegnanti, artisti e altri professionisti sono chiamati (cfr. n. 273) a essere come Cristo, che non è venuto per essere servito, ma per servire (cfr. Mt 20, 28). Nuovi panorami si aprono davanti ai giovani che potevano pensare che la vocazione fosse esclusivamente una chiamata al sacerdozio o alla vita consacrata, o che la santità si raggiungesse solo facendo attività “di Chiesa”. La vocazione intesa come servizio e amicizia con Cristo è un'esperienza di trasformazione che ci porta a essere missionari ovunque ci troviamo: in Chiesa e fuori.
Apertura all’ascolto
Christus Vivit - Cristo vive! Egli è vivo in ciascuno dei membri della Chiesa. La nostra fede sarebbe inutile se Cristo non fosse risorto dai morti (cfr. 1Cor 15, 7). Il rischio oggi è quello di rifuggire dal parlare della bellezza della vita cristiana a causa di un ambiente “ostile”, o perché abbiamo paura di derubare le persone della loro libertà. Papa Francesco dice che dobbiamo rispettare le persone e aspettare pazientemente il momento giusto, ma "non possiamo non invitare i giovani a queste sorgenti di vita nuova, non abbiamo il diritto di privarli di tanto bene” (n. 229, enfasi mia).
Questa esortazione invita la Chiesa a ripensare la sua azione pastorale. A volte le persone non hanno senso di appartenenza perché non si sentono bene accolte nelle parrocchie e nelle comunità a causa di un modo burocratico di affrontare i problemi (cfr. n. 63). L’azione del Santo Padre al Sinodo ha inviato un messaggio forte: dobbiamo imparare come ascoltare le persone. L’ascolto apre porte che erano chiuse. Crea uno spazio per Dio per lavorare nelle anime. Così tornano a lui perché sperimentano il calore della sua misericordia e del suo amore.
Questo è il momento opportuno per parlare loro dei “doni di Dio che sono sempre attuali, che contengono una forza che trascende tutte le epoche e tutte le circostanze: la Parola del Signore sempre viva ed efficace, la presenza di Cristo nell’Eucaristia che ci nutre, il Sacramento del perdono che ci libera e ci fortifica” (n. 229).
Christus vivit porta anche un messaggio importante per i giovani: essi hanno uno scopo nella vita destinato a rendere felici loro e coloro che li circondano. Potranno discernere la loro vocazione solo raccogliendo la sfida e l’avventura della preghiera (cfr. n. 155). Questo richiede "una disposizione ad ascoltare: il Signore, gli altri, la realtà stessa (...)" (n. 284).
I giovani che pregano sono il presente e il futuro della Chiesa.
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