Colloqui sulla Comunicazione Istituzionale - Incontro con Grzegorz Galazka, 6 dicembre 2023
Colloqui sulla Comunicazione Istituzionale
Incontro con Grzegorz Galazka*
Fotografo
"Santità e fotografia: la famiglia Ulma, i Beati martiri di Markowa"
Mercoledì 6 dicembre 2023
Aula Álvaro del Portillo
Inoltre, dal 4 al 6 dicembre sarà allestita al primo piano la mostra fotografica sulla Beata Famiglia Ulma
* Grzegorz Galazka è nato in Polonia nel 1959. La fotografia è sempre stata la sua passione. Da oltre trent'anni vive e lavora a Roma. La sua attività si concentra sulla vita della Chiesa cattolica e per questo ha documentato i papati di San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e ora di Francesco I. È autore di molti ritratti suggestivi dei papi e una sua fotografia è stata scelta come immagine ufficiale della beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II. Ha accompagnato i papi in numerosi viaggi in Italia e all'estero, documentando i momenti più significativi con scatti che uniscono qualità tecnica e grande sensibilità. Collabora con importanti testate italiane, europee e internazionali e ha pubblicato più di cento volumi fotografici in Italia e all'estero. È inoltre cofondatore della rivista "Inside the Vatican", pubblicata negli Stati Uniti.
“Da quando è diventato beato Jozef Ulma, il primo fotografo beato nella chiesa cattolica, faccio sempre una piccola preghiera a lui e questo mi aiuta e mi sembra che le foto ora mi riescano meglio”. Parole di Grzegorz Galazka, storico fotografo che da anni racconta il Vaticano attraverso i suoi scatti, e che è stato ospite in facoltà a dicembre nel consueto incontro con studenti e docenti sul tema "Santità e fotografia: la famiglia Ulma, i Beati martiri di Markowa".
“Che differenze ha trovato nel fotografare i diversi papi nel corso della sua carriera?” hanno domandato al relatore. “Ogni papa ha le sue caratteristiche”, ha risposto, “alcune volte sembra che Francesco sia simile a Giovanni Paolo II ma dai gesti vedo le differenze”. Il lavoro del fotografo, ha spiegato, è rendere bene la storia, la verità del personaggio. A questo oggi si aggiunge una difficoltà, che è l’uso degli smartphone per fare foto. “Ad esempio con Giovanni Paolo II ho immagini di persone che guardano il papa, visi che si guardano. Oggi, invece, ho molte immagini di persone mentre scattano una foto al papa con i loro telefonini, perdendo il momento dell’incontro ravvicinato”. “Ricordo – ha proseguito – di una signora che qualche anno fa insisteva per vedere papa Francesco con il proprio bambino. Il Vaticano glielo concesse ma lei era talmente concentrata a fare la foto con il suo smartphone invece di parlare con il papa che anche le nostre foto professionali sono uscite male, addirittura con lei che aveva messo il cellulare in primo piano rovinando le nostre foto”. “Se sei di fronte al papa – ha concluso Galazka – è meglio parlare con lui e mettere il cellulare in tasca”.
Con Benedetto XVI la situazione era ancora diversa. “Lui era fotogenico perché vestiva con il colore rosso. Il rosso del mantello era molto adatto alle foto. Così come il cappello rosso che usava durante le udienze”. Il rosso da sempre è un colore molto bello in fotografia, “ha una migliore resa cromatica”. Con PapaFrancesco, da questo punto di vista c’è una difficoltà, perché “quando porta vesti sacre è molto serio, troppo per le foto. Quando invece ci sono i bambini le cose cambiano”. Un altro fattore da considerare sono gli strumenti fotografici. Ulma, ai suoi tempi, doveva impostare tutto a mano e bene. “O era bianco o nero, senza possibilità di misurare la luce. Ci voleva molta esperienza ed è per questo che si può dire che era un fotografo vero. Non era facile impostare bene la macchina che doveva stare anche sul cavalletto altrimenti non si poteva fare la foto”. La tecnologia oggi viene in aiuto ma rappresenta anche un problema. “Le macchine oggi sembrano del tutto automatizzate, questo a lungo andare potrebbe rendere inutile il mestiere del fotografo”. Prima del digitale “chi tentava di fare qualche scatto, se andava male, lasciva perdere e lasciava il lavoro ai veri fotografi. Ora tutti fanno foto standardizzate e se è buona o non buona non interessa, mentre la sfida dovrebbe essere sulla qualità”. Purtroppo “i direttori delle testate non sono competenti, dunque il criterio è economico. Se costa poco va bene. Se nessuno vuole pagare purtroppo la qualità manca”.
Come raccontare fotograficamente il sacro ad un mondo disinteressato? “Penso che le foto debbano comunicare la realtà, la verità. Io come fotografo voglio rappresentare quello che vedo. Ad esempio, seguendo il diritto di cronaca, posso pubblicare tutte le foto delle udienze col papa, anche se qualcuno è venuto male, perché il personaggio è il papa, non le persone comuni che sono di circostanza. È la realtà che comunica”.
Come vede il futuro della professione? “Io non consiglio a nessun giovane di fare il fotografo. Perché se si viene assunti in un’agenzia è una cosa, ma se occorre proporre foto a clienti probabilmente non si riuscirà a vendere. Le grandi agenzie hanno un po' rovinato il mercato anche se ora sembra stiano migliorando sui prezzi. Spero che tra qualche anno siano eliminate le foto scadenti e restino, al prezzo giusto, le foto di qualità”. “È meglio pubblicare meno ma bene” è il suo consiglio.
A margine dell’incontro si è svolta anche la mostra fotografica sulla Famiglia Ulma, allestita nel corridoio del primo piano.
Sezione: