La firma di Abu Dhabi: un Documento costruito attorno al concetto di dialogo con Dio
Lo scorso 4 febbraio 2019, in occasione del suo storico viaggio negli Emirati Arabi, Papa Francesco ha voluto esprimere la sua vicinanza alle comunità islamiche firmando un Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune assieme al Grande Imam di Al-Azhar ad Abu Dhabi. Il Documento rappresenta uno storico passo in avanti nel dialogo tra cristiani e musulmani.
Presentiamo, a seguire, la riflessione del prof. Cristian Mendoza, della Facoltà di Comunicazione, scritta insieme a Gerardo Ferrara, dell'Ufficio Consulenza Studenti.
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1. Un documento costruito attorno al concetto di dialogo con Dio
Si tratta di un testo teologico costruito attorno al concetto di dialogo in senso forte, che più volte il Santo Padre ha voluto sottolineare come sfondo della sua meditazione e desiderio di unità nella Chiesa e con le altre religioni. Così lo aveva espresso nel suo eloquente discorso TED rivolto ai giovani che incontrano il Papa nella sfera digitale, e così lo aveva pure ricordato nel suo testo programmatico Evangelii Gaudium:
“L’evangelizzazione implica anche un cammino di dialogo. Per la Chiesa, in questo tempo ci sono in modo particolare tre ambiti di dialogo nei quali deve essere presente, per adempiere un servizio in favore del pieno sviluppo dell’essere umano e perseguire il bene comune: il dialogo con gli Stati, con la società – che comprende il dialogo con le culture e le scienze – e quello con altri credenti che non fanno parte della Chiesa cattolica. ” (n. 238).
Il dialogo del “Documento sulla fratellanza umana” fra cristiani e musulmani ha come punto di riferimento Dio. Si tratta dell’incontro di due prospettive di credenti in un solo Dio Creatore che permette loro di riconoscersi e di trattarsi appunto da fratelli. Il dialogo perciò può avere luogo solo nella misura in cui entrambi si mettono, per così dire, alla presenza di Dio, manifestata lungo la prima parte del documento come una preghiera di invocazione.
Questa preghiera ricorda i cantici che la tradizione giudeo-cristiana chiama salmi—cf. Salmi 135 ad esempio dove si ricorda di lodare il Signore “perché eterna è la sua misericordia”. E potrebbe pure far cenno alla musicalità dei versi del Corano che devono essere recitati secondo la pronuncia dell’arabo tradizionale per mantenere la loro speciale musicalità.
“Il fatto che il testo sia originalmente orale, e addirittura nella sua forma scritta sia ancora inteso per la recitazione udibile (come lo stesso nome “al-Qur’an” indica), ha delle implicazioni per la nostra comprensione su come esso viene trasmesso” (Jeffry R Halverson, H. L Goodall Jr., y Steven R Corman, Master Narratives of Islamist Extremism, Palgrave Macmillan, New York 2013, 18).
In questo senso la prima parte aprirà il dialogo con una comune preghiera rivolta verso coloro che riconoscono il nome di Dio, di colui che benedice l’uomo, perché appunto si avvicina in modo tale da essere riconoscibile come una persona. Solo le persone portano un nome, e solo coloro in grado di incontrare Dio potranno far riferimento al nome di Dio.
2. Gli argomenti del dialogo sono la persona, la famiglia e la società
La conseguenza logica di questa presenza Divina—che è personale per i fedeli che confessano il nome di Dio—è di comprenderne il senso nella loro vita. L’unicità e dignità di ogni persona come contenuto di questo dialogo ci ricorda che solo nella famiglia l’essere umano diventa unico e irripetibile, rimanendo al di fuori di ogni logica di oppressione e di sfruttamento. La riflessione comune di Papa Francesco e dell’Imam di Al-Azhar trae come prima conseguenza la consapevolezza profonda della dignità umana che è pienamente preservata nella famiglia e promossa dalle istituzioni sociali che devono badare all’istituzione familiare.
Inoltre, se il bene della persona è custodito all’interno della famiglia, allora la famiglia è sempre “la cellula vitale della società” (cf. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, cap. 5). Cellula vitale dal punto di vista della Rivelazione Divina, perché Dio è il Creatore del mondo e ha deciso di creare un uomo e una donna perché si moltiplicassero e riempissero la terra. E dal punto di vista della natura umana, come osservava ormai Cicerone, la famiglia è “Principium urbis et quasi seminarium rei publicae” (De Officiis, 1, 17, 54).
Pertanto, la sana organizzazione familiare non solo permetterà di costituire una famiglia davanti a Dio ma di creare una sana società, in grado di rimanere fuori dalle oppressioni dei potenti e dalle ambizioni degli avari. Si tratta di una società che gravita intorno alla generosità umana e alla capacità di collaborare decisamente per il bene comune.
Insomma i contenuti del dialogo che Papa Francesco ha voluto firmare assieme al Grande Imam di Al-Azhar, ricordano la persona, la famiglia e la società in un’armonia che permette la pace. Papa Francesco e il Grande Imam ricordano che non vi è punto di incontro fra la violenza e la religione. Gli estremismi e i fondamentalismi non sono espressioni divine.
Sotto questa luce il Romano Pontefice ci porta verso la considerazione della situazione attuale d’intesa fra le comunità islamiche e cristiane, enunciando alcune manifestazioni di questa fratellanza umana che ha come riferimento un Dio la cui paternità ci fa essere veramente fratelli. I valori della pace, della fratellanza e della reciproca conoscenza, la libertà religiosa, la giustizia e la misericordia, il rispetto e la protezione dei luoghi di culto, la condanna della violenza, l’eguaglianza di tutti i cittadini per quanto riguarda i diritti e i doveri fondamentali, il diritto delle donne all’istruzione, al lavoro e alla partecipazione politica, la tutela dei bambini e degli anziani sono tra i principali argomenti su cui il Documento esprime un consenso.
3. Il dibattito sulla diversità di religione
Il Santo Padre ricorda come Dio permette la diversità di religioni perché gli uomini continuino a camminare nella loro ricerca della più piena verità. Ciò non significa un’ingiustizia da parte di Dio nei confronti dei suoi figli, ma una fiducia in coloro che precisamente dal più significativo sforzo nella ricerca della piena verità della fede, saranno in grado di cogliere più profondamente i misteri divini. L’espressione del documento sulla fratellanza umana è questa:
“La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani” (cf. Documento sulla fratellanza umana”).
Le reazioni che questo particolare brano ha provocato fra alcuni fraintendono, a nostro avviso, l’intenzione del Documento stesso, sia da parte islamica che da parte cattolica, e tale fraintendimento può derivare dall’utilizzo della parola “pluralismo” anziché di “pluralità”.
“Pluralismo” si potrebbe intendere come un termine che ha un’accezione filosofica e politica, e che porta a considerare giusta e buona la presenza di determinati elementi all’interno di un sistema o di una situazione, e questi elementi sono ugualmente giusti e validi: ad esempio, la presenza di più religioni tutte ugualmente vere, o la presenza di più partiti all’interno di una democrazia, in cui, tra l’altro, nessuno tra questi partiti può legittimamente rivendicare la verità assoluta, bensì la rappresentanza di una certa parte della società.
Ci sembra invece che il senso di quanto affermano il Papa e l’Imam sia dichiarare che all’interno di un sistema, di un ambiente, di una realtà o di una società esistono sì diversi elementi o caratteristiche, ma senza esprimere giudizi di valore circa la bontà o la verità di quei diversi elementi. Questa prospettiva rappresenta semplicemente la base neutrale che rende possibile l’incontro e il dialogo che mira a fondare la pace e il reciproco rispetto. E null’altro.
4. Riflessioni conclusive
Se si vuole intraprendere un dialogo sincero con le altre religioni il punto di partenza non è l’opinione degli uomini ma la Rivelazione di Dio e la Sua presenza nel mondo. Solo nel rispetto di una Volontà superiore si potrà riconoscere un mistero, che non ignora la capacità umana di cercare razionalmente la verità, di avere una fede alla ricerca di intendimento—fides quarens intellectum—per considerare come, secondo la Provvidenza Divina, l’incontro fra le diverse prospettive razionali sulla religione possa portare verso la pienezza della Rivelazione. L’espressione del Concilio Vaticano II dirà che queste verità “appartenendo propriamente per dono di Dio alla Chiesa di Cristo, spingono verso l'unità cattolica” (Lumen Gentium, 8).
Preservare la propria fede è un dovere verso Dio e resistere alle dottrine che si oppongono alla verità Divina permetterà ai fedeli di capire più profondamente perché credono ciò che credono e perché dicono ciò che dicono. Quest’atteggiamento di apertura richiede il pieno rispetto della verità della fede perché come diceva il poeta François Andrieux a Napoleone, “on ne s’appuie que sur ce qui résiste”. Non ci si può poggiare se non su quello che offre resistenza.
Il Santo Padre in definitiva non vuole altro che scenda la pace serena della verità divina sugli intelletti in grado di cercare la pienezza del desiderio di Dio per ognuno. Il “documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” è un ricordo che onora tutti quelli che hanno resistito e proclamato la fede, che l’hanno trasmessa fedelmente desiderando che essa non sparisse nella loro generazione, di quelli che oggi si trovano ancora fiduciosi e pieni di speranza nel dialogo che l’Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, e Papa Francesco hanno avviato e i cui frutti potranno vedersi nei prossimi anni.
L’invito a leggere questo documento significativo per la vita della Chiesa è unito al nostro caro ricordo del compianto cardinale Jean-Louis Tauran, scomparso poco fa, che aveva svolto la funzione di Prefetto del Pontificio Consiglio per il dialogo inter-religioso. In una sua conferenza presso la nostra Università, il cardinale aveva chiesto di pregare per le comunità cristiane del Pakistan e disse ai suoi interlocutori che prima di salire sull’aereo che lo avrebbe portato a Roma uno dei giovani sacerdoti di quella Nazione gli aveva confidato: “Eminenza, so che prima o poi morirò assassinato. Vorrei chiederLe di dire al Santo Padre che offro fin da adesso la mia vita per la sua persona e per le sue intenzioni”.
Ci sembra che Papa Francesco è consapevole di queste vite eroiche e vuole farci riflettere sulla nostra capacità di dialogo con Dio anzitutto per aprirci poi a coloro che hanno più bisogno della nostra vicinanza e della nostra comprensione. Buona lettura.
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