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Bollettino N° 25 - 15 Maggio 2017


COSA SIGNIFICA OSPITARE IL SANTO PADRE

Don Joshua Megeh Otieno (Kenia), studente della Facoltà di Comunicazione Istituzionale


Joshua Otieno

La visita del Santo Padre in Kenya è stata una benedizione sia per la nazione che per la Chiesa. Tutti attendevano il suo arrivo come se fosse una risposta alla preoccupazione internazionale sui problemi religiosi e sociali del paese, e tutti erano emozionati per la visita del Santo Padre, più di 20 anni dopo quella di Papa san Giovanni Paolo II nel 1994. Mi è sembrato che il sentimento del popolo keniano fosse simile a una domanda in attesa di risposta: “Cosa significa oggi ospitare il Santo Padre”? Per quanto riguarda il lavoro di comunicazione con i media, ho avuto parecchie opportunità. Ho fatto l’interprete per P. Federico Lombardi e Matteo Bruni, che accompagnavano i giornalisti durante il viaggio. Il mio incarico principale consisteva nell’accompagnare il “portavoce”, aiutando il pubblico a capire più profondamente il messaggio che il Santo Padre in varie occasioni comunicava alla gente, in un linguaggio più semplice. Era una missione nella quale mi sono trovato a mio agio, tanto che questo lavoro è diventato il mio nuovo sogno.

Quando ci occupavamo dei preparativi per l’arrivo del Papa, mi fu detto che avrei lavorato con Federico Lombardi. Per me era un grande nome… era come se andassi incontro a una montagna! Invece, ho incontrato un uomo con i piedi per terra che parlava lentamente e con semplicità. Ogni volta che ha comunicato o spiegato le parole del Santo Padre, ha mostrato un profondo legame con il messaggio del Papa, tanto che non sembrava comunicare semplicemente le parole di qualcun altro, ma le sue convinzioni.

Quando sono stato ordinato diacono, da subito ho ricevuto il mio primo incarico pastorale: un mese di tempo per mettere su un sito web per la nostra diocesi. Ciò che avevo in mente era come la gente ci vede quando sente parlare della diocesi, come vi si relaziona nella vita quotidiana? Perciò, quando ho visto P. Lombardi, ho detto subito “È così che dev’essere”! Il modo in cui le parole uscivano così chiaramente dal suo cuore faceva sembrare che fosse ancora il Santo Padre a parlare alla gente. Questa era l’idea alla base della nostra rivista e del nostro sito internet. P. Lombardi, con il suo modo particolare di fare le cose, mi ha ispirato in questa iniziativa. La comunicazione istituzionale appresa alla Santa Croce mi ispira invece in senso più ampio.

Una mia convinzione personale è che i nostri sogni divengono reali quando ci leghiamo ad essi e li perseguiamo con forza. Sognavo di fare comunicazione quando ero in Seminario. Chiesi al Vescovo: “Abbiamo un sito internet? Altrimenti come comunichiamo con il mondo esterno? Rispose: “Ok, ok aspetta… che ne pensi di farlo tu”? Questo accadeva 5 anni prima della mia ordinazione.

papa in KenyaAvevo un crescente interesse a fare riprese con la videocamera in Seminario. Qui mi è stata data l’opportunità di crescere con progetti come il sito internet rivolto a quanti non comprendono il significato della Chiesa o la stampa di una rivista. Il Vescovo mi disse: “Padre, come te la cavi con queste cose”? Facevo le foto, scrivevo gli articoli, mandando poi questi scritti a correttori di bozze, facendo tutto il lavoro editoriale. E ricontrollavo ancora i testi prima di pubblicarli. Poi andavo dai parroci a chiedere se i preti volevano copie. Il Vescovo mi chiedeva come facessi, e io rispondevo “con convinzione”. Quando sei convinto e la tua convinzione è il fondamento di tutto quello che fai, riesci a fare bene le cose. Anche una produzione preliminare – decidere cosa ritoccare, cosa fare, i siti internet, Facebook, Twitter, la rivista, ecc. – implica lavoro. Ti può costare molta fatica ma quando se convinto di qualcosa che è buono, lo Spirito diventa la sua fonte, e se pensi di essere tu la causa, e non lo strumento, allora hai perso.

Ogni persona che lavora nel campo della comunicazione dovrebbe avere un sogno. Il mio sogno è questo: portare al mio popolo la cultura della comunicazione, l’abitudine a informarsi, non perdere di vista la meta di una continua istruzione. Questa per me è la sfida.


Numeri precedenti


21 Dicembre 2016


UNA CASA UNIVERSALE

Rev Prof Luis Navarro, Rettore Magnifico


Viviamo un momento di forti cambiamenti, dove le istituzioni sembrano aver perso la loro autorevolezza e la loro credibilità; questo ci pone di fronte a una sfida importante: far comprendere che la ricerca della Verità vale sempre la pena, per tutti, non solo per noi accademici, ma tutti per tutti noi cattolici, e per quelli che non lo sono.

Questa ricerca rigorosa è l’unica risposta possibile e vera alle emergenze della contemporaneità, è l’unico modo per poter guarire quelle ferite che l’uomo porta con sé. Soprattutto, avendo uno sguardo attento verso quegli emarginati, quegli esclusi, a cui il Papa rivolge continuamente la propria attenzione e il proprio sguardo. Ecco, lo scopo della nostra Università è quello di aderire a questa ricerca della Verità, come servizio a tutta la Chiesa e a tutti gli uomini.

Non dobbiamo solamente essere attori di questa ricerca, ma dobbiamo fare in modo che questa sia favorita e resa accessibile, e allora, come Università, dobbiamo accettare quelle sfide didattiche, culturali e spirituali che la contemporaneità ci offre.

Faccio un esempio, oggi, abbiamo il compito e il dovere di utilizzare al massimo le potenzialità degli strumenti telematici che sono a nostra disposizione. Dobbiamo impegnarci nello sviluppo di una didattica online per poter raggiungere, con la nostra offerta accademica, non solo coloro che hanno l’opportunità di frequentare le nostre aule, ma anche coloro che sono a casa, e che vivono molto lontani dal nostro Ateneo.

Questo progresso tecnologico, tuttavia, non deve snaturare uno dei nostri punti di forza del lavoro svolto fin dall’inizio di questo Ateneo: l’attenzione alla persona. Ciò deve essere una sfida permanente, affinché la nostra

Università rimanga quel luogo dove tutti si possano sentire a casa, dove chiunque possa dire: sono sempre stato trattato da tutti come una persona, come uno di famiglia.

Dobbiamo continuare ad accogliere tutti, anche coloro che hanno differenti impostazioni culturali e spirituali. Tutti devono sentirsi a casa, accolti in famiglia.

È bellissimo sapere che nelle nostre aule sono presenti tante culture, tante lingue, tanti riti, tante razze, perché far convivere nella Carità queste differenze è un segno tangibile di Speranza, che può essere un modello proponibile, perché

siamo centrati nel vero ed unico modello di Speranza che è Cristo.

Ascoltare le esperienze degli altri, vedere le cose positive degli uni e degli altri, è segno tangibile di una via da percorrere. Proporre questa via all’esterno, significa favorire la conoscenza della vita in Cristo, della vita della Chiesa e della vita in Dio. Proporre questo modello, significa favorire la speranza in ogni uomo.

Un’altra sfida per tutti noi sarà quella di favorire l’interdisciplinarità, poiché essere Universitas significa coinvolgere gli studenti, i docenti, gli impiegati, i tecnici, ma anche i benefattori, verso un traguardo comune. L’approfondimento teologico, filosofico, giuridico e la formazione nella comunicazione sociale e istituzionale, sono ambiti che devono essere sempre di più al servizio dell’uomo, per il suo sviluppo integrale.

Le singole discipline devono e dovranno essere aperte agli altri ambiti del sapere, per non cadere in una sterile autoreferenzialità.

Ogni sfida, che la società ci pone, dovrà essere affrontata, valutandola da angolazioni diverse, per acquisire una maggiore autorevolezza di fronte agli altri mondi del sapere, perché penso che il mondo accademico ecclesiastico di Roma faccia bene il suo lavoro, ma non ha ancora quella incidenza che meriterebbe nel dibattito culturale.

In questo senso, penso che la nostra Università abbia dei punti di forza, quali la capacità di approfondire il rapporto tra mondo e Chiesa, tra Chiesa e società civile, o presentare con fascino la funzione del laicato nella Chiesa e nella società, e saper portare avanti una ricerca di avanguardia sulla famiglia e sul matrimonio.

Una maggiore ricerca scientifica e una maggiore interdisciplinarità potranno portare risultati importanti in questo senso e in questi ambiti, ma bisognerà impegnarsi e accettare la sfida.

Ma, più di tutte le cose che ho citato, in questo periodo di Avvento, mi sento di dire che questi obiettivi non saranno percorribili, se non metteremo l’Eucaristia e Cristo al centro della nostra vita anche di quella universitaria, perché non si può dare agli altri se non si è centrati nell’Eucaristia.

Per questo, auguro ai nostri studenti, ai nostri alumni, ai nostri docenti, a tutto il nostro personale e a tutti i nostri benefattori, ogni bene e quella pace profonda che può nascere solamente dall’adorazione di quel Dio che si è fatto bambino per Amore nostro e che troviamo ogni giorno nell’Eucaristia.

22 Novembre 2016


PASCI I MIEI AGNELLI. SEGUIMI!

Melvin Paul, Facoltà di Teologia, 1 Anno (I Ciclo)


Mi chiamo Melvin e sono del Maryland, USA. Sono nato in India da una famiglia cattolica di rito siro-malabarese. Qui ho trascorso la mia infanzia finché i miei genitori decisero di trasferirsi negli Stati Uniti, dove ho vissuto gran parte della mia vita.

Sin da bambino ho avuto la fortuna di vivere immerso in una casa ricolma di fede grazie soprattutto alla devozione di mia madre e alla forza spirituale di mio padre. Penso che questi due esempi di vita e di umanità abbiano contribuito a mantenere la famiglia unita durante i momenti più difficili, anche in quelli di ristrettezze economiche.

Da bambino occasionalmente frequentavo un movimento di giovani della parrocchia chiamato “Jesus Youth”. Ogni settimana ci ritrovavamo per giocare e per fare piccoli momenti di preghiera. Erano pomeriggi dove si respirava uno spirito e un ambiente di gioia, che ancora adesso si fa vivo in me. Più i pomeriggi passavano, più nelle mie preghiere affiorava l’idea che il Signore mi stesse invitando a vivere una nuova vita in cammino con Lui. In un certo senso sapevo che avrei dovuto cambiare vita. Mi ero profondamente innamorato della Chiesa grazie al mio coinvolgimento nel gruppo “Jesus Youth” che stava lentamente portandomi verso un vero cammino di fede.

Prima di entrare in college presi parte alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid. Ci fu un momento particolare dove Benedetto XVI sollevò l’ostensorio: lì vidi con chiarezza la diversità e l’universalità della Chiesa, dove tanti giovani pregavano assieme condividendo un unico fine che unisce tutti i fedeli: il Cielo! Noi giovani volevamo vivere quella vita di fede con forza e con zelo. In quel periodo studiavo contabilità. Per tre anni ebbi come la sensazione che qualcosa di più profondo mi stava chiamando, ma ero disorientato. Fu solo durante una missione ad Haiti che sentii la chiamata al sacerdozio. Stetti lì per un mese con il gruppo dei ragazzi della parrocchia aiutando la popolazione haitiana devastata dal terremoto. Il nostro compito era quello di distribuire alimenti, istruire i bambini nelle scuole e di ricostruire una chiesa. In questo periodo conobbi un sacerdote italiano,

don Isaia, che aveva dedicato tutta la sua vita da missionario al popolo haitiano. Quel giorno toccai con mano cosa significava essere sacerdote. Capii che il Signore aveva risposto a quella mia sensazione profonda per la quale non avevo trovato soluzione tempo prima. C’era qualcosa di più bello che mi attendeva e che avrei voluto vivere.Tuttavia covavo ancora molti dubbi dopo la mia missione ad Haiti. Tornai a Baltimora. Qui il direttore del centro vocazionale mi invitò ad un ritiro di discernimento. Ricordo che l’ultimo giorno, durante l’adorazione notturna, sentii improvvisamente una voce nel mio cuore: “Melvin, mi ami?”, come Gesù disse a Pietro. Così tornai in stanza, aprii la Bibbia, e trovai il versetto dell’ultimo capitolo di Giovanni che diceva: “Pasci i miei agnelli…pasci le mie pecore… seguimi”.

Ora sono in seminario da tre anni. Il mio vescovo ha deciso di mandarmi a Roma al collegio Sedes Sapientae, perché apprezza il lavoro formativo dell’Opus Dei. In un primo momento rifiutavo di essere così lontano da casa, ero incerto su come mi sarei adattato alla lingua e alla cultura italiana. Dopo qualche tempo ho iniziato ad apprezzare la bella esperienza di vivere in comunità e di essere così vicino al Santo Padre. La mia prima impressione è stata di stupore: vedere tanti seminaristi provenienti da diverse parti del mondo vivere come fratelli, mettendo da parte le nostre differenze per essere sacerdoti di Gesù Cristo.

Prego il Signore perché questi prossimi anni della mia formazione al Sedes Sapientiae, nel cuore di Roma, mi possano trasformare, perché diventi pienamente di Cristo e della sua Chiesa, al fine di servire il suo popolo. Prego per avere la grazia di poter assumere la responsabilità di essere fedele discepolo di Cristo, ed essere formato per diventare un sacerdote santo.

Grazie di tutto!

02 Novembre 2016


AD HAITI C’È ANCORA SPERANZA

Enel Fils, Facoltà di Teologia, 1 Anno (I Ciclo)


Mi chiamo Enel Fils e sono un seminarista haitiano. Provengo da una famiglia numerosa e molto credente, composta da ben otto fratelli. Fin da piccolo i miei genitori ci portavano in parrocchia per partecipare alle attività quotidiane e alla Messa. Fu qui dove tutto ebbe inizio. Ricordo in particolare un sacerdote che delle volte celebrava messa in una cappellina antistante. Era lo stesso che, finito di celebrare, andava a trovare mia nonna, molto ammalata, per portarle la Comunione. Questo suo gesto si ripeteva ogniqualvolta visitava la nostra parrocchia e mi rimase profondamente impresso nel cuore, a tal punto che un giorno chiesi a mia madre in creolo, lingua diffusa ad Haiti: “Mamma, cosa devo fare per diventare sacerdote?”. Lei rispose: “Figlio mio, devi pregare molto”.

Dopo gli studi primari i miei genitori decisero di mandarmi a Port-au-Prince, capitale di Haiti, poiché nella nostra località non esisteva una scuola secondaria. Conclusi gli studi classici capii che volevo diventare sacerdote. Dovetti aspettare due anni prima di partecipare alla prova d’ammissione, da tempo infatti la mia diocesi non aveva un vescovo. Le richieste di ammissione alla prova furono numerose, tuttavia dopo molti test di valutazione che tenevano conto degli aspetti umani, comunitari, psicologici e spirituali, entrai nell’anno propedeutico. Intrapresi gli studi di Filosofia finché non ricevetti la chiamata del vescovo. Mi convocò e mi disse che voleva persone che avessero una formazione universale, che il paese ne aveva estremamente bisogno, e Roma era il luogo per eccellenza in cui riceverla.

Poco tempo dopo quell’incontro il vescovo mi informò che la mia nuova casa sarebbe stata il Sedes Sapientae, collegio ecclesiastico internazionale nel cuore di Roma a Trastevere, perché riteneva sarebbe stato il posto migliore per crescere spiritualmente, intellettualmente e comunitariamente.

Immaginatevi l’emozione! Questa opportunità mi avrebbe consentito un giorno di tornare ad Haiti per aiutare le persone. Difatti, dal 2010 il paese sta attraversando una situazione difficile e caotica. La popolazione vive nella miseria più estrema, e gran parte delle risorse sono andate perdute dopo il sisma. Purtroppo la ferita non si è rimarginata: l’ultimo a colpire è stato l’uragano Matthew che ha creato ulteriori disagi a tutto il sud-ovest del paese, lasciando gran parte della popolazione priva dei beni primari. Ma malgrado tutto il popolo haitiano è coraggioso e forte.

Credo fermamente che l’aiuto di Dio e la formazione che sto ricevendo possano aiutare il mio paese a riacquistare speranza, a non arrendersi di fronte a tanta miseria. Molte persone vengono aiutate in questo momento dalla Chiesa Cattolica e soprattutto dalla Caritas diocesana, perché credono in loro. È la Chiesa che ha preso in carico questa situazione perché crede ancora nella vita. Prego affinché molti altri seminaristi possano beneficiare di tale opportunità per poter costruire un futuro migliore per Haiti e per il mondo intero.

Grazie, grazie mille!

7 Luglio 2016


Per una Teologia della Credibilità

Intervista al prof. Giuseppe Tanzella Nitti
direttore della SISRI - Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare


Prof. Tanzella Nitti, lei insegna Teologia fondamentale presso la nostra Università, qual è la differenza tra l’Apologetica di un tempo e la Teologia Fondamentale che lei insegna?

Vi sono senza dubbio delle differenze di impostazione, ma il ruolo all’interno degli studi teologici non è mutato. L’Apologetica cattolica di fine Ottocento, fino a quasi la metà del Novecento, svolgeva la sua analisi soprattutto ai fini di una difesa del cristianesimo di fronte alle critiche dell’ateismo positivo e del razionalismo, e nei confronti delle derive idealiste e fideiste. Tale difesa veniva realizzata in buona parte ricorrendo ad itinerari razionali, filosofici e logici. Si insisteva soprattutto sulla dimostrazione del “fatto” della Rivelazione – Dio ha parlato all’uomo con segni chiari, come lo sono le profezie e i miracoli – avendo come riferimento l’Onnipotenza di Dio, la sua immagine di Fondamento. I motivi di credibilità erano soprattutto quelli legati all’accadimento storico della Rivelazione e alle note teologiche della Chiesa cattolica, che di tale Rivelazione era, ed è, la depositaria. La contemporanea Teologia fondamentale ha posto invece l’accento sulla credibilità del Rivelatore, Gesù Cristo, e sui motivi di credibilità che il soggetto coglie in ambito esistenziale, antropologico. La Teologia fondamentale è però chiamata ad includere una dimensione apologetica che dovrà sempre accompagnare quella esposizione della Rivelazione e della fede che la Teologia fondamentale, nel passato come nel presente, è chiamata ad offrirci.

Professore, lei ha recentemente pubblicato con l’Editore Città Nuova una voluminosa “Teologia della credibilità” in contesto scientifico. A quali domande vuole rispondere quest’opera?

Come indicato dal suo titolo, l’opera si propone di esporre i contenuti della Rivelazione nel contesto del pensiero scientifico, cioè avendo in mente un interlocutore del nostro tempo, la cui mentalità è senza dubbio forgiata dai risultati delle scienze e dalle applicazioni della tecnologia. Quest’uomo ha ancora bisogno di Dio? Anzi, quando la teologia parla, quest’uomo capisce ancora di cosa e di Chi si sta parlando?

Ma vi è anche un’altra idea di fondo che attraversa tutta l’opera: affinché l’uomo di oggi torni a comprendere l’annuncio cristiano e a sentirsi attratto dalla predicazione cristiana, occorre che la sua ragione venga “risanata”. Mi riferisco alla superficialità, alle derive ideologiche, alle seduzioni del materialismo e dell’edonismo. Una ragione che non viene rieducata al senso metafisico, all’ascolto della natura e dell’essere, alla percezione della propria creaturalità, una ragione che non si riconosce libera e in ricerca della verità, difficilmente potrà capire che l’universo ha un Creatore, che questo Creatore si è rivelato nella storia e ci è venuto incontro nel suo Figlio fatto uomo. Chi annuncia il Vangelo non può più ignorare la situazione di debolezza in cui oggi versa la ragione. Diversamente, la predicazione cristiana corre il rischio di cadere nel vuoto e di scivolare via. E ciò non solo per un motivo di linguaggio o di canoni di comunicazione, come oggi si sente ripetere spesso, ma, più radicalmente, soprattutto per la mancanza di una ragione sana in grado di accoglierla.

 

In quanto professore di una Pontifica Università, è coinvolto nella formazione dei futuri sacerdoti. La Teologia fondamentale come può tradursi in azione pastorale?

Può farlo soprattutto se mantiene un linguaggio accessibile e chiaro. Una buona Teologia fondamentale deve restare disponibile ad un collegamento con la teologia pastorale e con la catechesi. Non per sostituirsi ad esse o per confondersi con esse. Intendo dire che deve sviluppare delle argomentazioni e delle idee che, con le opportune mediazioni, possano alimentare la predicazione dei pastori e la formazione di tutto il popolo di Dio. Una buona Teologia fondamentale servirà meglio i pastori anche se saprà ascoltarli. Il teologo fondamentale deve avere le orecchie bene aperte sulla piazza per capire cosa sta accadendo nel mondo, cosa la gente pensa, cosa spera, cosa si aspetta dal testimone cristiano. Anche al teologo fa bene quell’odore delle pecore, di cui parla volentieri Papa Francesco. Dal fatto che la teologia, in senso generale, torni ad essere una teologia di popolo, non cessando per questo di essere vera teologia, dipende non poco del futuro della Chiesa. 

1 Giugno 2016


LA TESTIMONIANZA, LE STELLE E LA TEOLOGIA

Poco tempo fa, nel mio paese, è stato celebrato il Funerale della personalità più importante della Chiesa slovacca. Infatti, ad Ottobre, è morto il Cardinale Ján Chryzostom Korec.
È stato un Padre per la nostra nazione, vivendo in carcere, testimoniò la sua Fede, per tutti i dodici anni di prigionia.
La provvidenza ha voluto che fossimo nati nello stesso giorno, e la mia Fede si è nutrita per molto tempo dei suoi scritti e dei suoi diari.
Il mio paese, dopo la caduta del comunismo, si trova nell'ambiguità in cui si trovano tutti i paesi occidentali; viviamo nel difficile equilibrio tra una fede tradizionale e la secolarizzazione.
Poi, rileggiamo gli scritti del nostra amato Cardinale, e capiamo come era difficile vivere la fede negli anni della dittatura, e allora prendiamo coscienza che se la nostra Chiesa è ancora viva, lo dobbiamo a uomini che hanno pagato un caro prezzo e una feroce persecuzione, a causa del loro amore per Dio.
Rimasi tanto affascinato dalla figura del Cardinale Korec, che da ragazzo cominciai a pensare di diventare gesuita come lui. Io che da bambino mi innamorai della liturgia della Chiesa, trovai in quella personalità eccezionale un esempio da seguire.
Ma la “Via Ignaziana” prendeva in seria considerazione lo studio, e quindi la passione per l'astronomia e lo studio di essa, mi allontanò momentaneamente dai miei propositi vocazionali.
Passavo ore nell'osservatorio e iniziai a studiare fisica. Cercavo nello studio e nell'osservazione della volta celeste una risposta che non arrivava mai.
Ad un certo punto, osservando le stelle, mi chiesi: che senso ha tutto questo? La Fisica e l'astronomia non davano le risposte che cercavo.
Ed ora, eccomi a studiare teologia. Per me è ancora molto strano, vivo nella stessa casa con ragazzi che provengono da ogni parte del mondo e le differenze culturali sono tante, ma è un arricchimento personale importantissimo.
Per quanto riguarda il mio studio, la mia formazione razionalista mi porta a cercare sempre risposte esatte, ma la teologia non è così, è una scienza con un suo metodo che dà altre soluzioni.
E allora, dovrò abbandonarmi al Mistero, e andare più in profondità, soprattutto di me stesso.

Lubomir Urbancok
Studente III Anno di Teologia

19 Aprile 2016


UN DIO ALTISSIMO CHE SI FA PROSSIMO

Intervista con il Prof. Don Giulio Maspero, Vicedecano della facoltà di Teologia

Prof. Maspero, lei insegna a studenti provenienti da tutto il mondo, è un fattore arricchente per voi docenti? Quali difficoltà dovete affrontare? Quale ricchezza vi viene donata da questa esperienza?

Insegnare a studenti di tutto il mondo è una delle gioie più grandi che sperimento in questa università. Chiaramente è anche una difficoltà, non solo per la barriera linguistica, ma ancor prima per quella concettuale: ci sono culture dove il modo di vedere la realtà è diverso. Ma proprio qui sta la sorgente di gioia. Infatti in questa università insegniamo materie che interpellano il profondo del cuore dell’uomo, là dove si gioca la partita del senso della vita. Avere accesso ad altri sguardi sul mondo è molto arricchente. Joseph Ratzinger una volta, alla domanda su quante vie esistono per arrivare a Dio, ha risposto che sono tante quanti sono gli uomini. In tal senso la provenienza diversa dei nostri studenti mi aiuta davvero ad aprirmi a quello che Dio fa nella storia e perfino a comprendere meglio la Scrittura.

Può raccontarci un aneddoto, che possa illustrare quanto i docenti possano imparare dai loro allievi?

Uno studente indiano all’esame iniziò a spiegarmi come anche nella tradizione religiosa induista c’è un dio con tre volti, e poi che Krishna ricorda il nome di Cristo e che anche questa divinità salva il popolo. Io iniziavo a preoccuparmi di non essere riuscito a trasmettere lo specifico che il cristianesimo porta nel panorama religioso, quando lo studente finì spiegando che, però, la differenza essenziale è che Krishna salva il popolo uccidendo i nemici, mentre Cristo muore Lui per i nemici. Confesso che mi commossi.

Come può, la formazione accademica, contribuire alla crescita spirituale degli studenti?

Ho la fortuna di essere stato formato allo studio dei Padri della Chiesa e di avere trovato la mia vocazione di cristiano e di sacerdote grazie a San Josemaría: ciò mi ha sempre mostrato quanto la teologia sia concreta perché, come diceva appunto il Fondatore dell’Opus Dei, chi ama vuole conoscere l’amato e la teologia è proprio questo. Parlare agli studenti di Dio significa aiutarli ad abbandonare tutte le difese concettuali, tutti gli idoli direbbe Gregorio di Nissa, Padre della Chiesa del sec. IV, che impediscono loro di fare l’esperienza della grandezza e della semplicità di Dio. Come ha detto uno scrittore francese: moriamo di sete accanto alla sorgente. Il rischio del cristiano è di non rendersi conto di quello che ha, perché Dio si dà a noi in Cristo come amico, perché il Dio altissimo e assolutamente trascendente si fa prossimo e vive dentro di noi.

Secondo lei, quali sono le nuove sfide che l’Università dovrebbe affrontare?

Per me la sfida principale è mostrare quanto l’incontro con Cristo sia significativo per la vita di tutti i giorni, cioè riuscire a comunicare la fede in un modo che tocchi l’esistenza, che interpelli il desiderio dell’uomo. Alcuni pensano che la sfida sia supplire all'assenza d’interdisciplinarità, ma a me sembra che sia solo segno della crisi del progetto universitario in un mondo che non crede più alla verità, che ha paura del reale. In questo contesto postmoderno è essenziale mostrare come non sia vero che il cristianesimo avvelena il desiderio, ma proprio al contrario, quanto esso parli al cuore di ogni uomo. Quello che studiamo è per tutti, non per pochi esperti. Quello che approfondiamo qui serve a vivere, ad amare, ad essere felici, non a scrivere articoli o sembrare intelligenti. Questa penso che è la sfida principale della nostra università: approfondire con umiltà il Mistero di Dio per comunicarlo al mondo, anche a chi non crede ma come tutti vuole amare e cerca Dio, anche senza saperlo. 

7 Aprile 2016


QUANDO DIO SVEGLIA LA SPERANZA DEI PIU' PICCOLI

Non so quali siano i migliori aggettivi per tratteggiare ciò che il recente viaggio del Santo Padre Francesco ha significato per il Messico. Forse, più che un aggettivo, è il verbo risvegliare, il termine più adatto per delineare quanto questa visita ha rappresentato per un popolo da tanto tempo spaesato in mezzo ad una strada dissestata dalla corruzione e dalla violenza.
Ma qual è stata la novità di questo viaggio? Perché era necessario che Papa Francesco visitasse il Messico?
La novità è stata il risveglio della fede. Il Messico è il secondo Paese con maggior numero di cattolici (circa l’84% della popolazione, 100 milioni di fedeli su una popolazione totale di 120 milioni nel 2015), eppure la società è segnata da una crescente secolarizzazione e dalla difficoltà della Chiesa, come istituzione a recuperare la credibilità dopo alcuni scandali di triste memoria.
Il Santo Padre è venuto a smuovere il Messico e lo ha fatto sotto la guida della Madonna di Guadalupe. Nell’omelia della Messa del 13 febbraio, Francesco ha detto che, nell’alba del 12 dicembre 1531, Dio ha risvegliato e continua a risvegliare la speranza dei più piccoli.
Ogni discorso del Papa aveva questo scopo: riscoprire lo stupore per un Dio che si è innamorato di noi, che non ci abbandona alla nostra sorte e che ha voluto condividere con noi, la tenerezza ed il rifugio di avere una Madre comune. In ogni appuntamento, il Papa ci ha ricordato la bellezza dell’essere cattolici, del sapere che abbiamo una famiglia comune – che è la Chiesa – dove ognuno si può ritrovare.
La cosa più bella era vedere la semplice – ma profonda e tremendamente ricca – fede del santo popolo di Dio. Continua a sorprendermi quell’immenso serpentone di migliaia di persone che lo ha accompagnato lungo le vie. Uomini e donne, sani e malati, vecchi e bambini, che hanno trascorso diverse ore di attesa dietro una transenna per veder passare per pochi istanti il veicolo del Papa. Loro certamente non sono andati ad incontrare un politico che denunciava la corruzione o il narcotraffico, per loro il Papa è il papà, il Vicario di Cristo in terra, che ci fa vicino il volto di un Dio che non si è disinteressato di noi ma continua ad offrire la Sua Salvezza. Come era bello vedere queste folle aspettando il Papa, o considerare il santo orgoglio con cui i falegnami di Michoacán avevano scolpito la sede, l’altare e l’ambone che il Santo Padre avrebbe utilizzato durante la Messa a Morelia. Come non intenerirsi davanti ai bambini che parlavano al Papa delle loro malattie nell’ospedale pediatrico “Federico Gómez”, o come non commuoversi davanti agli occhi lucidi dei prigionieri del penitenziario di Ciudad Juárez.
Come mi ha aiutato vedere l’amore e la cura nell’adornare gli altari delle diverse località dove il Papa ha celebrato la Messa: quanta eleganza e quanta grazia aveva il paesino coloniale con cui gli indigeni del Chiapas hanno raffigurato la propria terra, per averla come scenografia nella Messa a San Cristóbal de las Casas…
Ci sarebbero tanti gesti e tante parole da commentare, ma per me, ciò che risveglia la fede è considerare tanta gente buona che ci sta aspettando, che ha sete di ricevere un pastore che parli loro di questo buon Dio che è nostro Padre. Penso a tanti studenti che passano per le nostre aule e penso alla nostra responsabilità come insegnanti.
Credo che tutti noi abbiamo tanto da imparare da Papa Francesco, dai suoi gesti di vicinanza, dal suo spendersi senza risparmio, dai suoi sforzi per costruire una cultura dell’incontro, dal suo esigere senza avere paure delle dicerie o dei rispetti umani… Spero che il suo viaggio porti tanti frutti. Adesso tocca a noi rileggere i suoi messaggi e tradurre in iniziative concrete questo desiderio di svegliare la speranza dei più piccoli, e per trovare l’energia giusta per farlo ci basta rivedere quella bellissima foto del Santo Padre mentre prega davanti alla Madonna di Guadalupe. Come diceva il Papa ai vescovi, tutti dobbiamo essere raggiunti e trasformati dal Suo sguardo materno, dalla forza irresistibile della sua dolcezza e dalla promessa irreversibile della sua misericordia

Rev. Prof. Sergio Tapia-Velasco
Docente di Public Speaking
Facoltà di Comunicazione Istituzionale

22 Marzo 2016


LA MIA VOCAZIONE E LA MIA FAMIGLIA

Il Venezuela è un paese dalla forte devozione e dall'intensa religiosità popolare, e la mia diocesi, San Cristobal, ha il più alto numero di vocazioni di tutta la nazione.
Nonostante questo, la mia famiglia non è mai stata particolarmente religiosa. Ma il Signore non ha mai smesso di bussare alla nostra porta.
La conversione di mia sorella e la sua conseguente vita ecclesiale, è stato l'inizio di tutto, fin dall'inizio cominciò a coinvolgere me e  mio fratello nelle attività della parrocchia,  nelle catechesi, negli incontri organizzati dai ragazzi cattolici della mia città.
Un giorno, mia sorella, portò me e mio fratello a pranzo nel seminario della diocesi, dove viveva e studiava un suo amico. Fu un incontro determinante, lo ammirai da subito e mi venne naturale pensarmi al suo posto. Iniziai l'Università con questo pensiero nel cuore, frequentando la cappellania della mia facoltà ebbi modo di approfondire la mia Fede e la Sacra Scrittura, e cominciai a cercare di capire quale fosse la mia vocazione. Il passo fu breve, lasciai Ingegneria ed entrai in seminario.
Forse fu una decisione affrettata, la tentazione di non farcela prese il sopravvento, sentendomi inadeguato pensai che il sacerdozio non fosse la mia vocazione, ma solo un abbaglio.
Tornai a studiare con profitto, l'Università mi piaceva moltissimo, eppure, sentivo che qualcosa era rimasto in sospeso. Dio continuava a chiamarmi, sempre più forte.
Un giorno, io e mio fratello, partecipammo ad un incontro in seminario dove fu proiettato un video. Era la testimonianza di un sacerdote che aveva vissuto la mi stessa inquietudine, le mie stesse tentazioni. In quel momento, mio fratello gemello mi mando un messaggio:
“io so cosa stai provando ora!”.
Fu un nuovo inizio. Da quel giorno cominciai a pregare più intensamente, chiedendo al Signore di fare chiarezza nel mio cuore. Portai a termine l'Università e presi la decisione, tornare in Seminario. Tuttavia, un'altra paura prese posto nel mio cuore, la reazione dei miei genitori, sapendo che non sarebbero stati contenti. Avevo paura di manifestare loro la mia decisione. Eppure, sentivo che mia madre sapesse ciò che stavo vivendo, percepivo una sua partecipazione a quella mia inquietudine. Presi coraggio e, durante un pranzo, dissi loro che sarei entrato di nuovo in seminario.
Non sbagliavo, mia madre già conosceva quello che il mio cuore celava, mi padre alla notizia si mise a piangere.
Ora sono a Roma, e non mi sembra vero, ma ho una certezza in più.
La mia vocazione, non è solo mia, è di tutta la mia famiglia. Da quando ho iniziato questo cammino, Dio ha chiamato anche loro, risvegliando una fede un po' sopita.
Ora, i miei sono felicissimi e anche mio papà è diverso, dall'uomo freddo che era, è diventato un padre molto affettuoso che non fa mai mancare i suoi abbracci e insolite manifestazioni di tenerezza. Quando il Signore chiama, non chiama solo noi, ma tutte le persone che amiamo e che ci amano.
Gesù, chiamando me al sacerdozio, ha trasformato veramente la mia famiglia in una Chiesa domestica.

Edicson René Acosta Mejia
II Anno di Filosofia

11 Marzo 2016


I RAGAZZI DEL CORO

Pubblichiamo un’intervista realizzata al Rev. Prof. Ramón Saiz-Pardo che attualmente dirige e coordina il Coro Universitario della Pontificia Università della Santa Croce ed è docente dell’Istituto di Liturgia della medesima.

Quando giunsi in Santa Croce nel 1997 scoprii tante belle dimensioni della nostra realtà universitaria. Ancora ricordo l'impressione che provai nel vedere per la prima volta i professori indossare le vesti accademiche mentre conferivano alcuni dottorati "honoris causa". Mi vennero in mente tante cose. La solennità che rivestiva l'atto non risultava strana ma, inspiegabilmente, si sentiva troppo forte il rumore del silenzio. Prima che il cerimoniale iniziasse notai come nei corridoi dove si svolgeva il corteo c’era il solo rumore di passi adornato da qualche tocco di nervosismo, ma chi regnava indisturbato era ancora il silenzio. Se si rimane nelle sole parole si disprezza o si evita di andare più in là, se si rimane nelle sole parole non si potrà capire la grandezza del canto e della musica. La domanda che mi ponevo allora era: fino a quando questo silenzio? E’ concepibile che un università così ricolma di ideali e di progetti ancora non avesse un coro? Alcune persone hanno bussato alla porta al momento giusto, il progetto di un coro universitario fu presentato alle autorità accademiche che l’accettarono nel migliore dei modi. Dopo l’approvazione iniziammo a fare delle prove per conoscere la fattibilità reale del progetto e il coro cominciò a muovere i primi passi. Un coro universitario è una sfida molto bella, e il conseguente incontro tra diverse mentalità, le persone che vi partecipano vengono dai cinque continenti, è un'esperienza assai arricchente, per tutti. Abbiamo iniziato a costruire qualcosa di molto bello, poi si vedrà. Perché alla fine prevalgono le persone... e noi abbiamo una grande personalità. Perciò, il nostro coro continua a crescere con l'apporto di elementi che provengono da tutti gli ambienti della nostra realtà. Allo stesso tempo, siamo consci di non avere mai avuto una tradizione coristica, ed è una considerazione che ci spinge a fare meglio nell'umiltà di questa consapevolezza. Tutto quello che ora ci manca lo costruiremo, camminando...

19 Febbraio 2016


UN'ALTRA AFRICA

Il Sudafrica non è un paese tradizionalmente cattolico e ha un’identità protestante molto forte. Io ho origini inglesi, ma provengo da una famiglia cattolica e la mia educazione religiosa è sempre stata molto salda. La mia mamma ha una fede molto viva e così anche mio padre. Per me, essere cattolico ha fatto sempre parte della mia identità personale.
Tra i miei amici non c’erano molti cattolici, anche se io mi sono sentito sempre saldo nella fede che i miei genitori mi hanno trasmesso. La comunità cattolica del Sudafrica è molto variegata etnicamente e culturalmente, inoltre i cattolici sono solo il 7% della popolazione. Le parrocchie sono poche e lontane tra di loro, e questo non aiuta a formare una vera e propria comunità.

Quando ero ragazzo, nella mia parrocchia giunsero dei missionari laici dalle Filippine. Per la prima volta cercarono di creare dei gruppi giovanili, qualcosa che rendesse la vita parrocchiale più comunitaria e coinvolgente. Mia madre mi incitò a partecipare alle loro attività, e io seguii il suo consiglio. Fu in quell’occasione che, per la prima volta, sentii fortemente il valore della mia fede, indipendentemente dalla mia tradizione famigliare e dalle mie origini. Da quel momento Gesù Cristo è diventato una presenza potente, che cambiò tutta la mia vita e fu il germoglio della mia vocazione.

Scoprii anche l’importanza della Chiesa nella storia del Sudafrica, del suo apporto così rilevante nel recente passato della mia terra. Durante l’apartheid, la Chiesa Cattolica fu sempre fonte di speranza, lottando in prima linea contro la segregazione razziale e contro ogni discriminazione.
Ora il mio paese è cambiato, nonostante molti problemi, la segregazione razziale fa parte del passato.
Anche la mia vita è cambiata, vivo e studio a Roma per diventare sacerdote, sperando di poter portare quella speranza che solo la fede in Cristo può donare.

 

Richard Andrew Stoner
Studente I Anno di Teologia

15 Dicembre 2015


IL SALVATORE DI HAITI

Per noi di Haiti, il Natale è un momento molto particolare, specialmente per i bambini.
Nei due o tre giorni che lo precedono, i bambini haitiani godono di una maggiore libertà rispetto al resto dell’anno. I genitori gli concedono di uscire tutto il giorno per giocare con gli amici nelle strade. Ma il mio paese è un luogo particolare. Un’autentica devozione cristiana deve fare i conti con un grande sincretismo religioso, rappresentato principalmente dal Vudù. Molto spesso, coloro che frequentano le chiese di Haiti, praticano in segreto riti magici e sincretici.

Questo ha delle ripercussioni in tutta la loro vita spirituale, e il Natale non è esente da queste contraddizioni. Per coloro che vivono una fede piena e coerente, l’Avvento è un momento di preparazione alla Venuta del Salvatore, un momento di speranza, di autentica e luminosa bellezza. Ma non per tutti è così.

Coloro che non abbandonano il sincretismo credono che, durante l’Avvento e il Natale, possano scatenarsi delle forze maligne contro di loro, e per questo ricorrono con maggiore frequenza alle pratiche magiche. Haiti, nel 2010, ha subito la tragedia del terremoto, una catastrofe che ha mietuto più di 220.000 vittime.
La maggior parte degli haitiani ha vissuto il Natale sotto delle tende d’emergenza, ed in questa condizione di grandissimo disagio sono emerse delle differenze spirituali importanti. Coloro che vivevano una fede piena in Cristo, hanno visto quel Natale come un momento di grande Speranza. Gesù è nato in un luogo disagiato, molto simile alla nostra condizione. Quel Natale nelle tende ci fece sentire un pò tutti a Betlemme. Ma chi praticava il Vudù, non sapeva trarre speranza da quel momento. Vedeva solamente lo scatenarsi di forze avverse, che andavano combattute con la magia. I sacerdoti, ad Haiti, fanno una grande fatica ad arginare questo fenomeno, ma è nei momenti difficili che i cristiani trovano la Speranza, mentre altri vedono solo l’oscurità.

Jean Gilles Kenley
Studente II Anno di Filosofia

 


Prof. Don Giulio Maspero, Vicedecano di Teologia:

"Quello che studiamo è per tutti, non per pochi esperti. Quello che approfondiamo qui serve a vivere, ad amare, ad essere felici, non a scrivere articoli o sembrare intelligenti."

 

 

 

30 Novembre 2015


MISERICORDIA E SPERANZA A BANGUI

Ci sono luoghi dilaniati da guerre sanguinose, spesso invisibili e mai citati dai principali organi d’informazione. Uno di questi è la Repubblica Centrafricana.
Il 29 novembre, la sua capitale Bangui sarà al centro del mondo: Papa Francesco ha voluto anticipare l’inizio del Giubileo della Misericordia aprendo la Porta Santa proprio nella Cattedrale della città. È un segno di grande speranza, ma è soprattutto un gesto per incoraggiare questi nostri fratelli a perseguire sulla via della Misericordia.
Testimone privilegiato di questo evento sarà un nostro alunno Don Mathieu Fabrice Evrard Bondobo. Don Mathieu, che è ora parroco della Cattedrale di Bangui, e avrà il privilegio di accogliere il Santo Padre, ha frequentato tutto il Ciclo Istituzionale presso la nostra Università conseguendovi il Dottorato in Diritto Canonico nel 2014.
Don Mathieu è un vero testimone di come la via della Misericordia sia una strada percorribile. Quando le guerre, spesso fratricide, incendiano un’intera nazione, l’unica soluzione è il perdono. Tuttavia, la capacità di perdonare e amare i nostri nemici non ce la diamo da soli. Don Bondobo, in un’intervista alla Radio Vaticana del 2013, ha commentato così l’uccisione di suo fratello: “il cristiano in ogni momento della sua vita testimonia la sua fede, e questa fede è una Persona che si chiama Gesù Cristo. È lui la nostra pace. E quindi, in nome di questa fede, io perdono. Perdono coloro che hanno ucciso mio fratello e allo stesso momento prego per loro, per la loro conversione, che si convertano, che cessino di fare del male. Prima del giudizio di Dio …”. Percorrere le vie della Pace e della Misericordia è possibile a Bangui. Grazie Don Mathieu!

 

04 Giugno 2015


TU DIRIGI I MIEI PASSI

Il mio nome è Daniel Segovia, anche io come il Santo Padre ho da poco preso dimora a Roma nel Collegio Sedes Sapientae.
Era un Agosto di due anni fa, estenuato da un lungo volo proveniente dall’Argentina pensavo ai miei familiari che avevo appena lasciato sulla soglia degli imbarchi e che avrei rivisto solo fra tre anni.
Questo viaggio mi aiutò a ripercorrere il sentiero che Dio aveva tracciato per me. Tutto cominciò in una piccola cittadina di nome Aviateray, al confine Nord argentino con il Paraguay. Le ampie distese di campi di soia, grano e cotone fanno da cornice a questa regione arida e molto povera del mio paese.
La mia infanzia la ricordo immersa nel verde giardino di casa, in compagnia di mia sorella e di mio fratello, legata alle domeniche passate con tutta la famiglia, alle messe di sabato in una vicina chiesetta per via dei pochi sacerdoti presenti in zona e di un’immagine della vergine del Rosario nel salotto di casa mia sotto la quale ci riunivamo in preghiera.
La mia vocazione al sacerdozio penso iniziò da quest’episodio: un giorno fummo invitati a casa dei nonni e ci sedemmo in giardino insieme ai miei cugini tutti intorno a un tavolino. Decidemmo di recitare come fossimo a teatro, presi un cracker che avevo davanti e chiesi al resto dei presenti se volevano fare da fedeli, e io a soli quattro anni decisi di imitare un sacerdote.
Da quel momento in poi io non dirigevo più i miei passi. A dieci anni sentivo che il mio cammino era quello, ma volli prima di tutto che un sacerdote ascoltasse le mie inquietudini perché potessi fare chiarezza dentro di me.
Se ripenso a questi momenti mi vengono in mente i miei genitori: la loro unione si fondava sulla preghiera e sulla fede in Cristo. A volte quando tornavo da scuola sbirciavo nel salotto e vedevo entrambi leggere la Bibbia e porre una candela su di un piccolo altare dove si stagliava la figura della Vergine di Lujan.
Da quelle prime inquietudini nacque in me la voglia di approfondire questa ricerca, così decisi di iscrivermi a dei corsi di discernimento vocazionale organizzati dalla diocesi. Già a diciassette anni ero pronto per entrare nel pre-seminario, poi ci fu il passaggio nella città di Resistencia e di lì a poco un evento: la mia cresima che capitò il 26 Giugno, festa di San Josemaria.
Per una serie di eventi terminai gli studi in Filosofia nel tempo record di sei anni, ripensadoci mi chiesi se il Signore stesse affrettando i tempi per poi in futuro chiedermi qualcosa in più. Di lì a poco quel “qualcosa in più” si trasformò in un incontro con il vescovo di Sainz-Peña, che dopo avermi informato sull’apertura di una nuova facoltà teologica mi spiazzò chiedendomi se fossi pronto per partire verso Roma. La volontà di Dio, dissi, viene prima della mia e così senza troppi pensieri per la testa mi lanciai in questa nuova avventura. Decisi di voler condividere questa gioia in famiglia, e quale miglior momento se non il Natale? Appena si seppe della mia futura partenza fu una festa, ricordo che il giorno dopo, mio padre nel ridipingere un muro della casa, piangeva in silenzio commosso. Fu proprio lui a donarmi un Rosario che ancora porto con me, e che recitava durante il periodo in cui combatté nella Guerra delle Malvine mentre vedeva i suoi amici morire.
Pochi mesi prima della partenza fui mandato in missione nel Nord dell’Argentina dal mio vescovo per farmi capire l’importanza e la responsabilità del sacerdozio. Dall’umiltà di quei contadini, che vivevano in case di fango, capii la missione che mi aveva affidato il Signore.
Le emozioni si susseguirono con l’elezione del Papa argentino: ero con alcuni seminaristi e da un’ora e mezza seguivamo il concludersi del conclave, poi un nome familiare, Bergoglio, tutta la sala era inginocchiata davanti alla televisione, in preghiera.
Rieccomi quindi con la valigia in mano, appena sbarcato a Roma. Il giorno dopo ero a San Pietro per assistere all’Angelus di quel Papa che tempo fa avevo visto in televisione. Che emozione pregare insieme a lui. La Chiesa ha il suo tempo e questo Papa porta in pratica tutto l’insegnamento dei due papati precedenti. Ha questa capacità di saper attrarre anche le persone lontane dalla fede, è l’immagine del Buon Pastore.
Poi sopraggiunse l’Università, una vera scuola di vita la Santa Croce, dove ci viene insegnato il saper stare con e tra gli altri, dove si condividono gioie e dolori perfino con i professori. Mi ha colpito la grande professionalità e quel tocco di umanità dei docenti, capaci di convogliare mente e cuore dello studente.
Non posso che ringraziare Dio per tutto ciò!

 

 


 

Presentazione del libro "Humanism in Economics and Business"


Lunedì 25 maggio 2015 ha avuto luogo la presentazione del libro Humanism in Economics and Business, a cura di Domènec Melé (IESE Business School) e Martin Schlag (Centro di Ricerca MCE).
Oltre ai curatori, sono intervenuti il prof. Vittorio Cesarotti (Università degli Studi di Roma Tor Vergata) e il prof. Paolo Boccardelli (LUISS Guido Carli).

 


 

Gian Marco Romani, Filosofia, Italia:

“ Uno dei punti di forza di quest’università è il rapporto con i professori, che permette una crescita sia dal punto di vista accademico che umano. Inoltre le diverse strutture universitarie offrono agli studenti tutti gli strumenti necessari per l’approfondimento dei propri studi ”


 


Giornata di saluto agli studenti che terminano gli studi

Giovedì 28 maggio 2015, su iniziativa dell'Associazione Alumni, ha avuto luogo la giornata di Saluto agli studenti che terminano gli studi.
Alle ore 12.35, il Coro dell'Università, diretto dal rev. prof. Ramón Saiz Pardo, ha tenuto il Concerto "Scherzo musicale in tre momenti" con musiche di W.A. Mozart ("Viva il vino spumeggiante", "Bona nox") e C. Zöllner (Il menù).
Dopo un buffet e i saluti del Rettore, mons. Luis Romera, è stato proiettato un filmato preparato per l'occasione.
Alle ore 14:05, c’è stata la Premiazione dei vincitori del Concorso letterario "Maria Antonietta Paulotto Colombino", promosso per il settimo anno consecutivo dall'Associazione Alumni, sul tema Per servire, servire.
La giornata si è conclusa con la presentazione della nuova Piattaforma Alumni, destinata a quanti studiano e hanno studiato alla Santa Croce e ideata con lo scopo di creare interscambio tra alunni e offrire formazione permanente a quanti sono ritornati nei propri Paesi.

 

14 Maggio 2015


“TUTTO POSSO IN COLUI CHE MI DA LA FORZA”

Sono Francis Chikwado Onwuchulum, ho ventisei anni e da nove mesi studio sui libri del primo anno di Teologia presso la Pontificia Università della Santa Croce.
La mia città, Onytsha, è una grande metropoli del Sudest nigeriano che abbraccia il fiume Niger prima che questo sbocchi sull’Atlantico. Sono nato in un piccolo villaggio poco distante ma fin da subito i miei genitori si trasferirono in città portando con sé io e i miei fratelli. Mio padre allora lavorava come trader nel mondo della finanza, mia madre lavora presso il comune della città, entrambi appartengono alla tribù degli Igbo che in Nigeria professano nella loro totalità la religione cattolica.

Sin da piccolo sono cresciuto in un ambiente amorevole e tranquillo essendo il più piccolo dei tre fratelli. Purtroppo all’età di tre anni persi mio padre, di lui ho un vago ricordo, grazie a Dio nostra madre riesce sempre a mantenerlo vivo: so che in città era stimato per la sua onestà e laboriosità, mia madre ci parla di un uomo innamorato della verità che lo portava ad a vere un intensa vita di preghiera. Di lui conservo ancora alcuni libri sulla vita di Sant’Antonio, al quale era molto devoto.
Mia madre di fronte a questi eventi non si scoraggiò, la sua vita ruotava intorno a Cristo, tutte le mattine portava noi bambini a Messa alle prime ore dell’alba africana, 5.30, per poi accompagnarci a scuola e affrontare un intensa giornata di lavoro, e così finché i miei due fratelli non si laurearono, uno in economia e l’altra in marketing. I frutti si sono visti.

Il mio percorso è stato diverso: la prima forte chiamata di Dio fu alla tenera età di undici anni quando ancora servivo come accolito la parrocchia, tra le file dell’Altar Knights Association, dove crebbe il mio desiderio di divenire sacerdote. Dio mi fece notare un dettaglio non da poco, i ragazzi che intraprendevano gli studi in seminario minore cambiavano nel giro di un anno: divenivano molto responsabili per la loro età, trasmettevano una grande pace, i loro ragionamenti più chiari e i loro sorrisi attraenti. Davanti a questa possibilità il Signore mi mise di fronte a un bivio: allora vinsi un premio che mi consentiva di studiare in una prestigiosa scuola di Abuja. La Provvidenza fece del suo per darmi il coraggio di optare per la via umile: il seminario minore. Era un giorno di pioggia e il viso di mia madre commosso: ricordo quanto avesse sacrificato della sua vita per darci un educazione e una testimonianza di fede viva, fatta di preghiere mattutine e serali tutti riuniti, di passi del Vangelo letti, piccole preghiere ma soprattutto tanto amore verso di noi. A lei devo molto.

Fu così che dai dodici a i diciotto anni vissi in seminario, in una piccola residenza fuori dalla città. Ricordo che per far passare la nostalgia di casa inizia a studiare con una certa intensità, ricordo che un professore in particolare ci chiedeva di riassumere brani del Vangelo e di creare delle vere e proprie competizioni attorno alle “Rosary’s decades”. Queste consistevano nel pregare il maggior numero di misteri durante la giornata senza tralasciare i doveri quotidiani. Fu un incredibile allenamento sia fisico che spirituale che mi temprò!

Poi giunse lo “Spiritual Year”, l’anno spirituale. In quell’epoca avevo diciannove anni e non concepivo nella mia testa come si potesse dedicare un intero anno a intensificare la vita spirituale, pareva uno scherzo. Invece si rivelò essere l’anno più importante del mio percorso di fede: fu il tempo dove appresi a parlare a tu per Tu con mio padre Dio. Fu un anno decisivo perché ricordo bene quali ostacoli si presentarono sul mio cammino, innanzitutto dal punto di vista vocazionale: molti dei amici con i quali avevo trascorso il tempo durante gli studi in seminario minore abbandonarono la residenza, ero sempre più solo e disorientato. Nei giorni più cupi un raggio di luce, apro il Vangelo: “Tutto posso in Colui che mi dà la forza” (Fil 4,13). Il Signore mi dava la forza, me l’aveva sempre data, pensai. Il Signore non ci prova più di quello che possiamo tollerare. Fu solo grazie a questa riflessione che riuscii ad intraprendere i quattro anni di studi di Filosofia che mi attendevano e di essere qui a raccontare la mia storia. 

Essere a Roma mi ha aperto gli occhi e la mente, la sua storia mi ha da sempre affascinato, e pensare che la vedevo soltanto in televisione! Ricordo come ieri il giorno in cui atterrato a Roma i miei compagni del Collegio Sedes Sapientae come da tradizione mi portarono niente meno che a San Pietro, cosa si poteva chiedere di più? Le dieci ore di aereo si erano volatilizzate dopo essermi inginocchiato di fronte alla tomba di Pietro.

Un'altra gioia immensa è il periodo che sto vivendo in Santa Croce. Le mie giornate da universitario sono adornate da dei bravissimi professori. Non solo vengono a fare lezione, ma sono maestri di umanità che generano motivazione e passione tra gli studenti. Il materiale di studio che ci viene fornito è di una tale completezza che dopo poco tempo si intravede tra gli studenti una certa maturità di ragionamento. Mi basta pensare alla Nigeria: per riuscire a ottenere un incontro con un professore c’è bisogno di prenotarsi con tempo, qui sono gli stessi professori che ti vengono incontro per sapere come stai.

Un ultimo pensiero che mi accompagna sempre lo dedico al pontefice. Francesco mi è di grande aiuto perché la sua testimonianza di vita mi incoraggia ad andare oltre i miei errori, di assaporare la misericordia di Dio. Con Francesco si rivela un po’ il volto di Dio e si può veramente aspirare al Cielo!


Conferenza sulla "The New Climate Economy"

Mercoledì 20 maggio 2015 (ore 10:00, Aula Magna "Giovanni Paolo II"), in collaborazione con il Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace, il World Resource Institute, The New Climate Economy e l'Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi presso la Santa Sede, l'Università ospita la Conferenza sul tema The New Climate Economy. How Economic Growth and Sustainability can go Hand in Hand. 
L'iniziativa è organizzata in vista della pubblicazione dell'enciclica di Papa Francesco sui temi dell'ecologia, prevista per il mese di giugno, e vuole essere occasione di riflessione sul recente The New Climate Economy Report, dal quale emerge che "gli obiettivi di miglioramento delle prestazioni economiche e la riduzione dei rischi climatici sono complementari".
Infatti, spiegano gli organizzatori, "la crescita economica non può essere ottenuta senza tener conto del rischio climatico che comporta. Allo stesso tempo, la riduzione delle emissioni sarà molto più difficile senza un'economia forte".
Tra i partecipanti alla conferenza, i Cardinali Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace, e Donald Wuerl, Arcivescovo di Washington, Felipe Calderón, presidente della Global Commission on Economy and Climate, Paul Polman, amministratore delegato di Unilever e Jeremy Oppenheim, direttore di McKinsey & Co.


Francesco Zhao, Filosofia, Italia

“Qui in Santa Croce ho la possibilità di coniugare il mio percorso accademico insieme ad una approfondita formazione umana e spirituale grazie soprattutto alla disponibilità dei professori, dei compagni di studio e dal materiale didattico offerto”

 


Festa accademica di Santa Caterina da Siena, Patrona della Facoltà di Comunicazione

Mercoledì 29 aprile 2015, in occasione della Festa accademica di Santa Caterina da Siena, Patrona della Facoltà di Comunicazione, si è svolto un Colloquio sul tema Dai valori alla fede attraverso la comunicazione.
Sono intervenuti il Card. Javier Lozano Barragán, Presidente emerito del Pontificio Consiglio della Salute, e Suor Myriam Castelli, conduttrice del programma Cristianità su Rai World.

 

04 Maggio 2015


UT VIDEAM!


Il mio nome è Akira Kirishima, da due anni ho scelto di voler servire la Chiesa come sacerdote e perciò mi ritrovo a Roma per finire i miei studi di Teologia presso la Pontificia Università della Santa Croce, dopo una lunga traversata proveniente da Kagoshima, punto d’approdo dei primi cristiani giunti in Giappone.

E’ proprio qui dove ho vissuto i miei anni dall’infanzia all’adolescenza, circondato dai miei due fratelli più piccoli e dai miei genitori. Sono nato da padre polacco e da madre giapponese che non per caso si sono conosciuti per la prima volta a messa, in una delle poche chiesette che popolano questa cittadina meridionale del Giappone. Allora, mio padre, studente di Filosofia della Religione, partì per le terre nipponiche con il proposito di approfondire i suoi studi sulle religioni buddhiste e shintoiste, molto presenti nel paese.
Il loro esempio dentro casa e fuori mi ha accompagnato durante tutta la vita, prima da studente di Filosofia e ora da seminarista. Il loro sacrificio quotidiano assieme a una profonda fede sono stati decisivi per la mia vocazione. Nei miei ricordi di gioventù ho ancora presente la figura di mio padre assorto in preghiera dinanzi un’immagine della “Madonna Nera” di Czestochowa che da ragazzo si portò in valigia. E’ a lui che devo la capacità di affidarmi nelle situazioni più complicate abbandonandomi nelle braccia della Madre di Dio.
Poi ho avuto la grazia di poter frequentare una vivacissima parrocchia tenuta in piedi da un simpatico catechista e da un devoto parroco, che è stato per me un maestro di preghiera che non perse occasione per approfondire quest’ultima.

Gli ultimi anni di liceo mi aiutarono a capire su quali libri avrei dovuto studiare: fu così che scelsi Filosofia con indirizzo Occidentale all’Università Statale di Kyoto che sarebbe stata la mia casa per ben sei anni. Grazie a questa nuova esperienza sono riuscito a colmare un vuoto interiore che nel frattempo si era fatto largo in me.
La risposta si fece sentire poco dopo. Venni a sapere che accanto al mio appartamento sorgeva un centro universitario tenuto dall’Opus Dei. Di questa realtà ne avevo soltanto sentito parlare e incuriosito gli feci visita. Ho avuto la grazia di essere accolto da delle persone eccezionali che assieme ad alcuni sacerdoti riuscirono a far ingrandire il mio cuore, mi insegnarono ad assumermi le responsabilità di un cristiano immerso nel mondo cercando di vivere nel quotidiano la santità. Su quest’ultimo punto dovetti riflettere molto, fino ad allora la santità mi appariva come un’utopia irraggiungibile. Eppure in quel centro ogni ragazzo era intenzionato a viverla con decisione. Davanti al Santissimo lessi queste parole di San Josemaria e tutto si fece più chiaro: “Domine ut Videam (Lc 18,41), Signore che io veda! Fa che la mia intelligenza si riempia di luce per consentire alla tua parola di penetrare la mia mente: fa che la tua vita metta radici nella mia anima, per trasformarmi in vista della Gloria eterna (Amici di Dio, Punto 127)".
Da quel momento ho sentito che il Signore mi aveva chiamato per portare la gioia della Rivelazione a tutto il Giappone. Riconosco che fare apostolato nella mia terra significa affrontare una realtà secolarizzata e indifferente ma ciò che mi riempie di forza sono gli esempi di vita cristiana: sono nato a Kagoshima, dove nel 1548 giunse San Francesco Saverio, a poca distanza si trova Nagasaki teatro del martirio di San Paolo Miki e compagni, per non parlare dei “cristiani nascosti”.
Un giorno parlando con il mio vescovo dissi che mi sarebbe piaciuto andare a vedere Roma, lui mi ascoltò e, dopo aver lasciato passare un po’ di tempo, mi diede la lieta notizia che la mia prossima residenza sarebbe stata il Sedes Sapientae, e la mia università la Santa Croce. I miei genitori ne furono entusiasti e io con loro. Avevo sempre riposto tutta la mia fiducia nella Provvidenza di Dio, ma non credevo arrivasse a questo punto. Per fortuna avevo studiato qualche libro di grammatica italiana!

L’Università conta con la presenza di diverse culture che ne rappresentano una vera ricchezza. Mi ha colpito come il cristianesimo in ognuna di esse abbia impresso un sua identità, cosa che in Giappone è da ricostruire. Questo spirito di famiglia è un chiaro esempio da riproporre negli ambienti giapponesi, ho visto che tra studenti e professori ci si aiuta e ci si confronta su un’immensa vastità di tematiche. Le lezioni stimolano la ricerca di una ragione illuminata dalla fede e la cappella universitaria ci aiuta ad innalzare lo spirito.
Per concludere questa testimonianza i miei pensieri vanno a Papa Francesco: i suoi discorsi arrivano dritti al mio cuore, le sue parole hanno una tale forza da essere diventato un modello di pastore.

 


 

Gruppo di profughi iracheni in visita all’Università:


"Vogliamo restare cristiani e conservare la nostra fede, nonostante i drammi". Lunedì 20 aprile 2015, un gruppo di 40 profughi cattolici iracheni, ormai residenti in Francia, ha fatto visita all'Università, come tappa di un pellegrinaggio che stanno compiendo in questi giorni a Roma e in altre città italiane.
Per l'occasione, hanno anche incontrato alcuni giornalisti, ai quali hanno raccontato la loro esperienza di rifugiati.

 


 

Tom Sundaram, Diritto Canonico


“Diritto Canonico mi da la possibilità di avere un intenso background sia filosofico sia dei principi che vengono applicati alle leggi ecclesiastiche, ed è per questo che ho scelto la Santa Croce. Approfondendo gli studi sulla giustizia e sul ruolo del giudice arrivo a concepire questa facoltà come ce la spiega il Libro della Sapienza nel suo primo punto: “amate la giustizia voi che governate sulla terra”. Credo che la Santa Croce sia il luogo ideale dove sviluppare e approfondire questa conoscenza.”

 

 


 

 GIORNATA DI STUDIO SULLA VITA CONSACRATA


Mercoledì 6 maggio 2015 (Ore 9, Aula Álvaro del Portillo), l'Università promuove una Giornata di studio e riflessione sulla Vita consacrata, nell'Anno ad essa dedicato. Sono previste testimonianze di Religiose e Religiosi e un incontro di preghiera nella Basilica di Sant'Apollinare.

 

16 Aprile 2015


 Dio è Misericordia


Sono Van Vien Tran seminarista e studente di primo anno di Filosofia presso la Pontifica Università della Santa Croce. Da poco più di sei mesi ho toccato il suolo romano dopo aver compiuto un lungo viaggio dal Vietnam, mio paese natale.
La mia infanzia l’ho passata tra gli sterminati campi di riso della campagna di Nam Dinh, cittadina distante un centinaio di kilometri dalla capitale Hanoi. Sono il maggiore di quattro fratelli, ognuno dei quali alle prese con una tappa della vita, il più piccolo infatti ha solo dodici anni, la terza è immersa negli studi universitari, la secondogenita, laureata in economia e commercio, dopo essersi sposata ha da poco avuto un bambino.
Fino ai tredici anni la mia vita scorreva tranquilla, i miei genitori ogni giorno cominciavano molto presto a lavorare e io venni cresciuto dai miei nonni che a quei tempi vivevano con noi. Ricordo come fosse ieri la profonda pietà e la solida fede che spingevano mio nonno a pregare tutti i giorni, mattina e sera, di fronte a un immaginetta della vergine di Fatima. Pregava intensamente per tutta la famiglia, non gli scappava mai nessun componente. Più lo vedevo e più la mia curiosità cresceva, passai da spiarlo  all’azione. Fu lui infatti che preparò il terreno fertile della mia anima.
Fu grazie a lui che i pomeriggi decisi di passarli in parrocchia divenendo prima accolito, poi preparatore del coro dei ragazzi e infine catechista per i più piccoli. Un giorno mi accorsi che in parrocchia si stava organizzando un corso vocazionale aperto ai più giovani. Fu lì che feci la conoscenza di un sacerdote che riuscì a lasciare una profonda traccia nel mio percorso spirituale. Avevo tredici anni, fino a quel momento la figura di questi “uomini in nero” disposti a tutto per servire chi gli si avvicinava e ai quali non mancava mai il sorriso, destavano in me una sorta di ammirazione. Lo stesso fu con quest’ultimo. Ricordo che con la sua semplicità e la sua capacità discorsiva riusciva a coinvolgere ragazzi di tutte le età, non passò nemmeno un anno che il gruppo si fece sempre più numeroso. Le amicizie che tuttora conservo sono nate proprio lì, e ancora mi sorprendo quando vengo a sapere che molti di questi ragazzi poi si sono ordinati sacerdoti o hanno preso i voti come suore.
Questi corsi andarono avanti per anni, mio nonno notava che il mio entusiasmo e la mia fede stavano crescendo con il tempo e così decise di regalarmi una bellissima croce in legno che ancora conservo e che più avanti portai con me ovunque. A diciotto anni mi trasferii ad Hanoi per completare i miei studi civili, avevo la possibilità di scegliere tra quattro facoltà: Musica, Comunicazione, Lingua Inglese e Giurisprudenza. Dentro di me sapevo che la scelta sarebbe ricaduta su quest’ultima ma ogni mia decisione andava contemplata, e quale miglior cosa se non farlo di fronte alla Croce del nonno? Gli esami furono molto complessi ma allo stesso tempo notavo come il sacrificio veniva ripagato con buoni risultati. La Croce mi fu di grande aiuto per non avere timore! Tutt’oggi la tengo sul comodino, accanto al letto, e ogni mattina quando poso il mio sguardo su di lei rifletto sul significato della sofferenza e trovo la forza per affrontare la giornata sapendo che con Cristo posso tutto.
Ed ora eccomi ad affrontare un nuovo ciclo di studi alla Santa Croce, un’università che riesce ad accomunare un’alta qualità educativa con un forte spirito di vicinanza soprattutto per quei seminaristi come me venuti dai confini della Terra. A colpirmi sono state anche le moderne strutture, la cura degli ambienti e la quantità di libri della quale uno studente può usufruire.

E poi come dimenticare la prima volta che entrai a San Pietro? Volevo partecipare alla messa di Natale di Papa Francesco, ore e ore di fila furono ripagate dalla magnificenza di questa Chiesa, non credevo potesse essere così grande avendola vista solo tramite Internet.
Infine ho piacere di condividere un’esperienza che mi ha aiutato a contemplare tutti questi eventi nella mia vita: quella di pregare sulla tomba del cardinale Van Thuan. Attraverso la lettura dei suoi scritti ho potuto riflettere sulla vita di questo grande uomo di Chiesa e delle impervie situazioni che affrontò con una profonda fede e tenacia. Da lui ho potuto imparare che la speranza in Dio e la Sua misericordia vanno sempre tenute in conto in ogni istante che viviamo.

 

 


VI Convegno Internazionale della Facoltà di Comunicazione "Poetica & Cristianesimo", il 27 e 28 aprile

Dal 27 al 28 aprile 2015 (Aula Magna "Giovanni Paolo II") avrà luogo la sesta edizione del Convegno Internazionale "Poetica & Cristianesimo", promosso dalla Facoltà di Comunicazione Istituzionale. Il tema scelto quest'anno è "Scrivere, per chi e perché. Gioie e fatiche dell'artista".
"Scrivere un romanzo, una sceneggiatura, una partitura musicale o lavorare a un’opera d’arte - spiegano gli organizzatori -, suscita al contempo una profonda gioia e una grande fatica, non solo fisica ma dell’anima. Alcuni scrittori descrivono il processo di creazione di ogni opera quasi come una lacerazione interiore. Come sorge l’esigenza di scrivere? Chi ne è il destinatario? Quali le motivazioni e intenzioni?
La VI edizione del Convegno "Poetica & Cristianesimo" si occuperà dello scrittore, sia esso romanziere, musicista o sceneggiatore, dalla prospettiva del soggetto e non tanto dell’opera stessa. Molte scuole di scrittura si occupano del mestiere di scrittore, ossia di come comporre opere che funzionino, e che magari abbiano anche successo. Poche, forse nessuna, possono trasmettere le disposizioni personali di colui che le crea, del talento e del lavorio che comportano, e soprattutto dello svelarsi di una chiamata e di una risposta personale".
Questa edizione del Convegno vuole mettere a fuoco le domande sul perché e per chi si scrive. A rispondere ci saranno esponenti del mondo della scrittura artistica in dialogo con critici e accademici.

 


Giulio Capece, Facoltà di Comunicazione

"L'Università della Santa Croce è un ambiente intellettualmente stimolante in cui la formazione accademica è inserita in un percorso di crescita umana integrale"

 

 


CARI DIPENDENTI…


Cari dipendenti della Santa Croce da questo numero vogliamo condividere con voi le notizie, i fatti di maggior rilievo e le testimonianze dei nostri studenti. Ogni due settimane vi invieremo e pubblicheremo sulla nostra pagina web la newsletter perché è anche grazie al vostro lavoro che tutto ciò è oggi una realtà così importante e apprezzata.

 

31 Marzo 2015


Il Seminarista venuto da molto lontano:

Mi chiamo Nguyen Van Cao, ho venticinque anni e di “mestiere” faccio il seminarista. Da poco più di sei mesi sono atterrato a Roma dalla diocesi di Hanoi, Vietnam e in questo momento risiedo nel Collegio Sacerdotale Sedes Sapientae.
Sono l’ultimo di tre fratelli, mia sorella oramai sposata ha lavorato come segretaria presso un’azienda della capitale prima di diventare mamma, mio fratello è arredatore di case e anche lui sposato con due bambine. Proveniamo da una famiglia di umili origini, mia madre ha lavorato nei campi di riso per molti anni prima di andare in pensione, mio padre invece si dedicava alla costruzione di case. (Fotostoria2)
Il nostro è un villaggio a est di Hanoi, la capitale del paese, formato da una serie di piccole case e negozi e con una cappellina posta al centro della città. La vita scorreva normalmente dentro casa. Mio padre approfittava tutti i momenti della giornata in cui eravamo riuniti per spiegarci qualche versetto del Vangelo, era più forte di lui, ricordo che riuscì con i suoi modi a trasferirci questa passione per le Sacre Scritture.  Mia madre per questioni di lavoro dovette trasferirsi a Saigon, nel sud del Vietnam, dedicandosi anche in quel caso alla coltivazione del riso, il lavoro era così intenso che la riuscivamo a vedere solo durante le vacanze di Natale, e questo per ben dieci anni. Nel frattempo chi si occupò di noi fu mia nonna, ricordo vivamente come tutte le mattine ci svegliasse verso le quattro, ora in cui il piccolo villaggio iniziava a funzionare, ci preparasse la colazione e ci portasse con lei a recitare qualche preghiera nella cappella. Mio fratello e mia sorella camminavano ai suoi lati, io, il più piccolo, mi accovacciavo sulle sue spalle per via della lunga camminata, ponendo le mie braccia intorno al suo collo. La sua fede in Dio era enorme e mi chiedevo sempre come potesse mantenere quel ritmo di vita durante quegli anni, ancora oggi penso che senza il suo esempio non avrei mai potuto dedicare tutta la mia vita per la Chiesa. Dopo la consueta visita in Cappella mia nonna ci portava a scuola e così tutti i giorni finché non tornò mia madre.
Durante questo tempo ebbi la grazia di conoscere uno dei nove fratelli di mio padre che in quel momento stava per concludere i suoi anni da seminarista per poi ordinarsi. Le nostre conversazioni su Gesù si facevano sempre più interessanti, mi spiegò che cosa significava essere sacerdote per lui e quanto bene si poteva fare indossando quell’abito. Tutte queste testimonianze così vive e dirette furono per me un dono perché riuscirono ad arricchire e a far crescere quella forza vocazionale che mi serviva per compiere il grande salto nella mia vita. In Vietnam dopo il 1975 molte chiese furono chiuse, la nostra piccola cappellina veniva riempita solo una volta l’anno perché avevamo la possibilità di celebrare una sola volta l’anno la Santa Messa. Bisogna anche dire che per arrivare da noi il sacerdote più vicino doveva percorrere ben 70 kilometri. Perciò le preghiere erano al centro della nostra vita quotidiana perché non potendo assistere alla Messa, la comunità viveva di questo.
Fu così che a diciotto anni decisi di entrare in seminario assieme a un mio caro amico, ci venne detto che per prepararsi meglio i seminaristi dovevano prima di tutto affrontare un periodo di studi in una università statale potendo scegliere una facoltà tra quelle di comunicazione, musica, legge o lingue straniere e noi decidemmo per quest’ultima. Furono anni intensi, immersi nella comprensione del cinese e dell’inglese. Inoltre potei dedicarmi a una passione coltivata fin da piccolo e trasmessami da mio padre, quella dell’organo. Nel mio villaggio purtroppo non ebbi l’opportunità di suonarlo, da piccolo praticavo con una tavoletta di legno sulla quale mia padre aveva intagliato i tasti.
Finiti i tre anni di studio al mio amico gli fu chiesto di andare a studiare all’Università di Navarra, poco tempo dopo toccò a me. Fui chiamato dal segretario del vescovo, mi guardò in volto e per l’emozione ricordai solo una parola: Roma! Avevo paura di questa scelta, non mi sentivo all’altezza del compito. Decisi per dieci giorni di pregare per chiedere forze a Dio, fu in quel momento che lessi una frase del Vangelo di Luca (12, 49-53): “Sono venuto a portare il fuoco sulla Terra, e come vorrei che fosse già acceso!”. Da lì tutto fu più semplice. Era la prima volta che volavo non verso una città qualunque ma verso il cuore della Cristianità. Giunsi a Giugno e potei assaporare tutta la bellezza e la storia di Roma, con un gruppo di residenti ci recammo a San Pietro, appena misi piede dentro la basilica fui preso da un emozione indescrivibile e cominciai a piangere. Da piccolo riuscivo a vederla solo per foto e ora mi trovavo lì dentro e poco più in là Papa Francesco, un altro esempio di vita per me. Lo considero un idealista, il richiamo evangelico alla povertà che sta alla base dei suoi messaggi mi sorprende ogni volta. Ripercorrendo la sua vita da vescovo e sacerdote ho scoperto la sua vicinanza ai più bisognosi e questo mi stimola ancora di più a voler seguire il suo esempio.
Ad ottobre dell’anno scorso ho cominciato a frequentare le lezioni di Filosofia del primo anno di Licenza presso la Pontificia Università della Santa Croce. L’Università ha avuto un impatto bellissimo su di me, mi ha colpito un dettaglio in particolare, la cappella sita accanto all’Università, in Vietnam che io ricordi non ho mai visto una cosa simile: avere Gesù così vicino mentre si studia è qualcosa di unico. I professori sin dall’inizio sono stati sempre molto disponibili e pazienti, soprattutto con studenti come noi provenienti da altre realtà. Le lezioni sono molto chiare, i docenti riescono a schematizzare concetti molto profondi e complessi rendendoli facili alla comprensione dello studente.
Infine mi piacerebbe concludere dicendo che ogniqualvolta mi trovo di fronte al Sacrario chiedo incessantemente a Dio di farmi diventare il sacerdote che Lui vuole e mai il sacerdote che voglio io.

 


Giovanni Fasulo, Comunicazione, Italia

“I miei anni da universitario a Roma trovano nella PUSC un luogo ricco di incontri umani e spirituali. La PUSC da opportunità di unione tra tutti gli studenti anche con ulteriori attività che non sono prettamente accademiche, ma fortemente comunitarie. I corsi sono estremamente interessanti, i docenti sono sempre molto disponibili nei confronti degli studenti oltreché preparatissimi e con alle spalle anni di esperienza accademica. La PUSC è un’esperienza che ricorderò per tutta la vita.”

 


 

Al prof. Arturo Bellocq il Premio internazionale "Economia e Società", sezione giovani, della Fondazione vaticana "Centesimus Annus"


Il rev. Arturo Bellocq, docente del Dipartimento di Teologia Morale, è stato insignito del Premio Internazionale "Economia e Società",
promosso dalla Fondazione vaticana Centesimus Annus - Pro Pontifice, nella categoria giovani ricercatori in Dottrina Sociale della Chiesa.
Nel 2012 Bellocq ha pubblicato, per le edizioni Edicep-Edusc, lo studio “La doctrina social de la Iglesia. Qué es y qué no es”, secondo volume della collana MCE-Books.

 


BUONA PASQUA

“Questo è il culmine del Vangelo, è la Buona Notizia per eccellenza: Gesù, il crocifisso, è risorto! Questo avvenimento è alla base della nostra fede e della nostra speranza: se Cristo non fosse risorto, il Cristianesimo perderebbe il suo valore; tutta la missione della Chiesa esaurirebbe la sua spinta, perché è da lì che è partita e che sempre riparte. Il messaggio che i cristiani portano al mondo è questo: Gesù, l’Amore incarnato, è morto sulla croce per i nostri peccati, ma Dio Padre lo ha risuscitato e lo ha fatto Signore della vita e della morte. In Gesù, l’Amore ha vinto sull’odio, la misericordia sul peccato, il bene sul male, la verità sulla menzogna, la vita sulla morte.” Papa Francesco

 


La Pontificia Università della Santa Croce vi augura una felice e Santa Pasqua!

12 Marzo 2015


NELLE MANI DI DIO:


Il mio nome è Centus Muhogalu, ho ventinove anni e da poco più di due sono arrivato a Roma per frequentare la Licenza in Teologia presso la Pontificia Università della Santa Croce dopo gli studi in seminario compiuti in Nigeria, precisamente nell’arcidiocesi di Onitsha.
Sono il quarto di cinque fratelli, nonché l’unico seminarista in famiglia.
I primi contatti che ho avuto con Gesù sono stati grazie ai mei genitori. Vivere in famiglia è stato un momento speciale, ogni mattina poco dopo il risveglio ci riunivamo per pregare assieme, e lo stesso accadeva la sera, questo pregare insieme divenne così importante che si iniziava solo quando tutti erano presenti.
La mia casa divenne un punto di riferimento per pregare il Rosario, tutte le sere i bambini del villaggio venivano accolti nel nostro salotto e fatti mettere in cerchio intorno a un’immagine della Madonna di Fatima con i tre pastorelli e i più grandi del gruppo raccontavano le vicende legate a quest’incontro. Questo arricchì moltissimo la mia vita spirituale, ricordo che ogni volta che ascoltavamo la storia legata alle apparizioni anch’io avevo il desiderio di diventare come quei pastorelli e di poter parlare a tu per tu con la Vergine.
Tutte queste vicende mi portavano alla ricerca di un luogo dove poter crescere e in questo modo avvicinarmi di più a Dio. Un giorno quando andai a Messa il parroco annunciò che per chi volesse diventare sacerdote esistevano delle schede da compilare su un bancone alla fine della navata. Vidi quest’annuncio come una chiamata alla quale volevo rispondere, così non ci pensai due volte e la riempii. Confesso che non mi ritenevo all’altezza del compito fu solo dopo aver passato due esami d’accesso molto complessi che mi resi conto che nonostante tutte le mie debolezze c’era la mano di Dio che mi sosteneva.
I miei genitori e i miei fratelli furono entusiasti della scelta, la notizia si diffuse in tutto il villaggio e ricordo che in molti si congratulavano con me perché fui la prima persona del posto ad entrare in seminario.
 Il periodo passato in seminario è stato molto tranquillo, nonostante fossi ancora molto giovane, grazie al sostegno ricevuto dai miei genitori, in particolare da mio padre. Era un uomo generoso soprattutto con chi aveva meno di noi, si spendeva molto per le attività parrocchiali e non a caso tutti i bambini del villaggio si riunivano nella nostra casa. Malgrado le difficoltà lui era costante nella preghiera, non c’era una mattina che non venisse a svegliarci per cominciare la giornata rivolgendoci a Gesù, lo viveva come un compito assegnatogli e per questo lo ringrazio. La sua vicinanza nel periodo del seminario fu per me essenziale, mi tirava su nei momenti di scoraggiamento perché sapeva che quello era il posto dove io avevo scelto di stare.

Ci fu un momento particolarmente delicato nella mia vita prima che arrivassi a Roma. Da poco mio fratello più piccolo si era trasferito nel Nord della Nigeria con la sua famiglia per aprire un negozio. Questo fatto preoccupò non poco mio padre sapendo della costante minaccia del gruppo terrorista di Boko Haram in quelle zone. Poco tempo dopo aver costruito la casa, il negozio di mio fratello fu preso d’assalto da un commando di questo gruppo e rimasero  uccise due persone. Ricordo che in quel periodo pregavo molto per lui e per la sua conversione viste anche le difficoltà personali che stava attraversando. 
Dopo alcune peripezie iniziali presi la via per Roma. Appena giunto l’Università mi trasmise subito quel clima di accoglienza che respiravo a casa, in Africa. Gli studi che vengono fatti in Santa Croce non solo ti consentono di approfondire il sapere teologico ma anche di arricchire la spiritualità di ognuno. 

Papa Francesco? Vorrei tanto incontrarlo. Credo voglia dare tutto per Dio e si vede nel modo in cui parla e accoglie le genti, lui spende il suo tempo per ogni persona che incontra, cerca un contatto più profondo con l’altro. Vuole fare della Chiesa un punto di incontro universale dove l’accoglienza fatta con umiltà diventa il primo passaggio fondamentale.
Finalmente, come dico sempre, la cosa che mi sostiene nella vita e che mi spinge ad andare avanti è l’amore di Dio, per questo voglio lavorare per Lui e aiutare le genti a dirgli che questo Amore è anche per loro.

 


 FRANCESCA FALATO, FILOSOFIA


“Una volta entrati in Santa Croce si scopre la ricchezza di un ambiente che trasmette serietà accademica condita da una profonda umanità sia dei professori sia del personale. Ho potuto apprezzare sin dai primi giorni questa mescolanza di culture che mi ha fatto aprire gli occhi sul mondo permettendomi di conoscere realtà diverse dalla mia.”

 


IL MISTERO DI CRISTO RESO PRESENTE NELLA LITURGIA


Roma, 3-4 marzo 2015
La Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce ha organizzato nei giorni 3-4 marzo 2015 il convegno di teologia dal titolo Il mistero di Cristo, reso presente nella liturgia. Finalità del convegno è offrire una riflessione teologica sulla liturgia che rivolga l’attenzione verso il suo centro e radice, il mistero di Cristo.
Tale mistero è da intendersi con tutte le sfaccettature che presenta nel Nuovo Testamento, sia nei Vangeli che nelle Lettere paoline. Il “mistero” è identificato con Cristo: la sua Persona, la sua Pasqua, unitamente alla Chiesa quale suo corpo, mediante il dono dello Spirito Santo.
Questa prospettiva conduce a una comprensione storico-salvifica della liturgia. In questo contesto si muovono i temi delle relazioni: il mystêrion nel Nuovo Testamento; Mysterium e sacramentum nelle fonti liturgiche; l’attualizzazione del Mistero nella celebrazione liturgica; la liturgia delle ore, in quanto celebrazione del Mistero; l’esperienza del Mistero pasquale attraverso la musica liturgica; la vita cristiana in quanto segnata dal Mistero celebrato.

 


Corso di approfondimento per giornalisti vaticanisti


A partire da giovedì 5 marzo (ore 8:45, Aula Álvaro del Portillo), e per i successivi due mesi, si svolgerà il VI Corso di Specializzazione in Informazione religiosa per vaticanisti. Lo scopo è di "conoscere a fondo le strutture e le dinamiche della Chiesa Cattolica per favorire il lavoro dei professionisti che si occupano delle sue tematiche, delle attività del Papa e della Curia Romana”.

26 Febbraio 2015


La visita di Lolo Kiko:

Mi chiamo Emmarlone Ravago, sono nato nelle Filippine e studio nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce. Questo è il mio terzo ed ultimo anno a Roma e volevo approfittarne per ringraziare in modo speciale tutti coloro che hanno donato il loro piccolo contributo per far sì che io potessi vivere quest’esperienza di studio così vicino al Santo Padre.

Prima di raccontarvi come ho vissuto la visita del Papa nella mia terra natia, vorrei parlarvi della mia vocazione perché credo che ciò possa aiutare a comprendere quel po’ di trascendenza nascosta dietro il viaggio pastorale del meglio noto “Lolo Kiko”, nomignolo con il quale la mia gente ha “battezzato” Francesco dopo averlo visto percorrere le strade di Manila e aver avuto incontri gremiti di persone. Quello che più mi ha colpito di questo viaggio è stata la sua vicinanza e il suo amore paterno.

La chiamata di Dio ha preso vita durante la mia infanzia quando ancora chierichetto aiutavo il mio parroco. Ricordo come egli mi trasmise questa profonda testimonianza fatta di sacrifici e di allegrie. Ma fu solo quando compii diciassette anni che decisi di entrare nel seminario diocesano di Maasin, in provincia di Leyte, diocesi che dista due ore di macchina da Tacloban, luogo che fu letteralmente raso al suolo dal tifone Yolanda un anno e mezzo fa e dove il Papa di recente ha voluto celebrare la Santa Messa davanti a migliaia di persone che hanno vissuto in prima persona la furia della tempesta.

Ricordo con chiarezza il momento della mia chiamata. Ero in chiesa, mentre facevo una delle mie solite visite al Santissimo sentii dentro di me un forte sentimento di pace che mi avvolse, seguito da un lungo silenzio. Fu un’esperienza che non riesco a descrivere a parole ma credo abbia una certa somiglianza con ciò che dice il Salmo 83: “quanto sono amabili le tue dimore, Signore…”. Fu quindi così che cominciai i miei primi anni di formazione, fui inviato, in un secondo momento, a Manila per concludere i miei studi di Filosofia nell’Università di San Tommaso, lo stesso posto dove Papa Francesco si è riunito con settanta mila giovani.

Un giorno, mentre ero in università, incontrai in maniera del tutto provvidenziale il mio direttore spirituale che si trovava li per questioni di lavoro. Parlando con lui mi chiese se mi sarebbe piaciuto andare a studiare a Roma, io li per lì gli dissi di sì anche se sapevo che ciò non si sarebbe mai potuto avverare in quanto mancava il sostegno economico. Alcuni mesi più tardi ricevetti una lettera dal Vescovo nella quale mi informava che era riuscito a ottenere una borsa di studio che mi avrebbe dato la possibilità di studiare nella Città Eterna.

Arrivato a Roma ero emozionato e stentavo ancora a crederci, anche se l’impatto culturale e soprattutto la lingua non furono dei migliori. La prova più dura fu quando, giunto oramai da pochi mesi, mi chiamò una zia avvisandomi della repentina scomparsa di mio padre.  In un batter d’occhio mi ritrovai nelle Filippine e pensavo dentro di me che non sarei più potuto tornare a Roma visto che non avevo nessuna intenzione di lasciare mia madre da sola. In quel momento ero l’unico che si potesse occupare di lei. Ma la grazia prevalse e così, con quella stessa forza e determinazione con le quali scelsi di entrare in seminario decisi di perseverare nel mio cammino.

 La perdita di mio padre fu un colpo duro da superare soprattutto perché capitò nel momento in cui più avevo bisogno della sua presenza. Ho comunque provato una grande gioia nel vedere il Papa circondato da bambini abbandonati in uno degli orfanotrofi di Manila che lui ha voluto visitare; è stato per me qualcosa di incredibile. Per finire, penso che Papa Francesco non abbia voluto rivolgersi al popolo filippino come un Pontefice o come un capo di stato ma semplicemente come un padre, o meglio, come un nonno con tanta voglia di abbracciare tutti. E’ proprio per questo che per i filippini il suo nome sarà ricordato sempre come quello di “Lolo Kiko”.

 


Héctor Patricio Aranda Mella, Comunicazione:


“Studiare a Roma mi ha aiutato ad avere una visione universale della Chiesa e soprattutto a conoscere le diverse realtà che mi rafforzano nella missione che Dio mi ha affidato.”

 

 



Festa della Madonna dell’Apollinare:


Il 13 Febbraio è la festa liturgica della Madonna dell’Apollinare, in ricordo della scoperta della sua Sacra Effige. L’affresco, che rappresenta la Madonna tra gli Apostoli Pietro e Paolo, si trova nel portico d’accesso della Basilica e risale al xv secolo.
Nel dicembre 1494 l’affresco fu coperto con uno strato di scialbo per proteggerlo dal passaggio dei soldati di Carlo VIII e dai pericoli derivanti dalla lotta tra gli Orsini e le milizie del siniscalco Belcari, che si erano accampate nel portico. In seguito alla caduta dell’intonaco, l’Effige riapparve intatta il 13 febbraio 1647, tanto da suscitare una forte devozione popolare e venne incoronata dal Capitolo Vaticano nel 1653.
Sulla base del trono c’è un’iscrizione che si presume fu apposta in occasione della peste del 1657:
SANTA MARIA REPARATRIX NOSTRAE CONCORDIAE OMNIUM FIDELIUM CHRISTIANORUM FIDELIUM CHRISTIANORUM TU INTERCEDE PRO NOBIS APUD DEUM UT LIBEREMUR A PESTE EPIDEMIA ET AB OMNIBUS MALIS PRAESENTIBUS ET FUTURIS. AMEN.


 

XIX CONVEGNO DELLA FACOLTA DI DIRITTO CANONICO:

Matrimonio e famiglia
La “questione antropologica” e l’evangelizzazione della famiglia
Roma, 12 e 13 marzo 2015
Nel documento finale del Sinodo Straordinario sulla famiglia, i Padri Sinodali hanno messo in rilievo come la questione antropologica sia centrale per capire la famiglia e dare delle risposte concrete alla crisi che essa vive nella società odierna: «Fedeli all’insegnamento di Cristo guardiamo alla realtà della famiglia oggi in tutta la sua complessità, nelle sue luci e nelle sue ombre (…). Il cambiamento antropologico-culturale influenza oggi tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico e diversificato» (n. 6). Inoltre, come lo stesso Papa Francesco ha affermato, nel processo di riscoperta del “Vangelo della famiglia” la questione antropologica è elemento necessario per realizzare una pastorale della famiglia veramente efficace.
Prendendo spunto da questi suggerimenti, la Facoltà di Diritto Canonico, con la partecipazione delle altre Facoltà della Pontificia Università della Santa Croce, ha deciso di organizzare questo Convengo interdisciplinare su matrimonio e famiglia, nel periodo inter-sinodale. Il Convegno tenta di dare un contributo propositivo alla riflessione della Chiesa su realtà centrali quali sono il matrimonio e la famiglia. Il tratto comune dei diversi contributi sarà rappresentato dallo studio della “questione antropologica”, che emerge in diversi ambiti del sapere: dall’antropologia teologica e filosofica alla teologia sacramentaria, al diritto matrimoniale canonico, alla pastorale matrimoniale.
Insieme alle relazioni sui temi antropologici, teologici e giuridici, si darà spazio anche a sessioni più pratiche, in cui esperti che lavorano sul campo presenteranno alcune iniziative che hanno prodotto abbondanti frutti in due aree specifiche: quella della preparazione al matrimonio e quella dell’accompagnamento delle coppie, sia nel loro percorso di crescita che nelle situazioni di crisi.
Sarà disponibile la traduzione simultanea in Inglese, Spagnolo, Tedesco.

12 Febbraio 2015


Allegro e ottimista:

Sono Emmanuel Jipson Fernando Warnakulasuriya, seminarista srilankese proveniente dalla diocesi di Colombo. Questo è il mio quarto anno a Roma, sono giunto oramai all’ultimo semestre di Licenza in Teologia Spirituale presso la Pontificia Università della Santa Croce.

Quest’anno si è rivelato particolarmente speciale per me, soprattutto perché ho vissuto direttamente dal cuore della cristianità la visita del Pontefice nella mia terra. Lo Sri Lanka dieci anni fa è stato colpito da un devastante tsunami che ha lasciato dietro di sé migliaia di morti e dispersi e negli ultimi trent’anni è stato lo scenario di guerre civili.

Questa è la terza visita che un Papa compie dopo quelle di Paolo VI e di San Giovanni Paolo II, di cui ricordo solo vagamente l’emozione che si percepiva nella mia città quando venne quest’ultimo perché in fin dei conti ero ancora un bambino. Tuttavia mi azzarderei a dire che la visita di Francesco è probabilmente la più importante ed attesa per il popolo srilankese, addirittura è dalla scorsa estate che nella mia parrocchia si sono organizzate giornate di preghiera e molte attività per preparare questo evento.

Credo che la visita sia stata di grande importanza per tre motivi: il primo è dal punto di vista religioso, in quanto i rapporti tra le diverse confessioni presenti nel paese, vale a dire induisti, buddisti e mussulmani, è migliorata. Questo ha fatto si che il Papa fosse accolto di buon grado anche dal resto delle religioni. Tant’è che delle seicento mila persone che hanno assistito alla canonizzazione di Giuseppe Vaz, primo santo srilankese, centocinquantamila erano buddisti.
Il secondo motivo è il fatto che sia stato canonizzato il primo sacerdote missionario in Sri Lanka, una figura importante non solo per i cattolici ma anche per il resto delle confessioni perché fu un uomo che aiutò tutti senza fare distinzioni di natura religiosa o di condizione sociale.
Il terzo motivo è di natura politica. Il paese sta vivendo un momento di tranquillità dopo essere stato per 30 anni teatro di cruenti conflitti tra cingalesi e tamil. C’è da aggiungere che Francesco è stato il primo Papa a voler visitare il santuario mariano di Mahdu, santuario che ha significato molto per il popolo srilankese visto che fu proprio lì dove giunsero i primi cristiani. Nel secolo scorso fu anche bombardato e preso da alcuni terroristi favorevoli alla separazione delle due etnie.

Tornando alla recente visita credo che la preghiera del Papa davanti alla statua di Nostra Signora di Mahdu sia stato per me il momento più commovente  del viaggio in quanto il santuario è riuscito a rimanere in piedi dopo tutti questi anni di guerre. In memoria di questi fatti, accanto al santuario, è conservato un gigantesco foro che fu fatto da un proiettile di cannone che stava per distruggerlo. Il Papa a Mahdu ha parlato con autorità e coraggio e credo che da quest’esempio si possa trarre un desiderio di ritornare ad un’unità pacifica tra le parti.

In un’intervista fatta di recente al cardinale Ranjith, arcivescovo di Colombo, rimasi colpito da una frase detta proprio da quest’ultimo dove spiegava come sia Papa Francesco che Giuseppe Vaz abbiano un fattore che li accomuna e che è riuscito a “catturare” l’attenzione di tutto il popolo srilankese, vale a dire lo spirito di ottimismo e di allegria nell’affrontare le sfide a cui dobbiamo far fronte nell’andare in missione. Giuseppe Vaz e Papa Francesco sono riusciti a uscire dalle loro terre affidandosi totalmente alle mani del Signore e i fatti lo dimostrano.

 


Giulia Latella,

Filosofia


“Sono arrivata qui per caso, quasi controvoglia. Dopo lo strano impatto iniziale piano piano questo nuovo mondo mi ha catturata. Pensare che una scelta così mi abbia aperto orizzonti prima ignorati o semplicemente trascurati, orizzonti di ricchezza e di vita vera è qualcosa che mi meraviglia ogni volta che ci penso. Trovare in questa realtà una tale felicità, trovare “amore gratuito”, attenzione alla persona; un luogo dove la domanda “come stai” non è una frase di circostanza. Devo a quest’università, alla saggezza trasmessa dai professori, alle ricche esperienze dei compagni di studi, alla gentilezza e amorevolezza del lavoro svolto dai dipendenti, la Giulia che sono oggi.”

          


Giornate di studio "Ratzinger e Daniélou di fronte al mistero della storia"

Giovedì 12 e venerdì 13 febbraio 2015, in collaborazione con la Fondazione Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, l'Associazione Patres e la Fraternità San Carlo, l'Università ospita le giornate di studio sul tema Ratzinger e Daniélou di fronte al mistero della storia.


 


XXII Convegno della Facoltà di Filosofia: “La filosofia come Paideia” Roma, 23-24 febbraio 2015


Attraverso questa scelta, si vuole mettere in risalto il ruolo educativo della filosofia, riconoscendo in questo la sua origine e destinazione più genuina. L'argomento, attualmente al centro di un dibattito di grande impatto in molti ambiti e in diversi Paesi, non si presta così soltanto ad illustrare l'utilità della filosofia, ma altresì ad approfondirne l'essenza in accordo alla sua prima definizione classica (particolarmente socratico-platonica), variamente poi elaborata nella storia del pensiero fino ad oggi.
Il Convegno intende affrontare l'argomento sotto un triplice profilo: storico-filosofico, teoretico, didattico-pedagogico. Ad un itinerario storico attraverso alcune figure esemplari per la definizione della paideia filosofica, si aggiungeranno approfondimenti di alcune questioni teoretiche pertinenti e sessioni d'interesse didattico-pedagogico.
A tutti i relatori, anche quelli delle sessioni storiche e applicative, verrà richiesto di pronunciarsi sulla questione generale proposta nel convegno, la funzione educativa della filosofia, allo scopo di offrire idee orientatrici per la ricerca e per la pratica didattica.

3 Gennaio 2015


“Ho realizzato la gioia della mia vita”

Sono Alberto, studente del secondo anno di Teologia e sono nato in Ghana. Provengo da una famiglia numerosa avendo ben sei fratelli. Io sono l’unico seminarista e mia sorella l’unica suora, nonché superiore provinciale della Congregazione di San Giuseppe di Cluny. E gli altri quattro? Si potrebbe dire che tra chi è cardiologo, oculista e otorino abbiamo un vero e proprio ospedale dentro casa.
In realtà fin da bambino ero convinto di voler intraprendere la carriera di avvocato finché un giorno, mentre frequentavo le elementari, durante una delle nostre ricreazioni vidi arrivare un sacerdote che veniva a benedire i nostri giochi. Osservandolo ebbi una strana sensazione, ricordo che in quel momento mi colpì particolarmente la gioia che emanava quella persona, e mi concentrai su un dettaglio: la stola e una grossa croce dorata cucita su di essa. Quell’incontro cambiò totalmente i miei progetti.
Non credo sia stato un evento del tutto casuale, infatti prima che ciò accadesse avevo preso le distanze dalla fede e non avevo alcuna intenzione di partecipare alla Messa, spinto anche da alcune amicizie di scuola. Credevo non ci fosse alcun senso nel dover adorare il Signore. Una mattina, mio padre vedendo il mio comportamento, mi fece comprendere con molta delicatezza quanto fosse importante per la mia vita la Messa. Da quel momento decisi di accompagnare i miei genitori a Messa tutte le mattine, finché appunto non incontrai quel sacerdote. Mio padre non aveva tutti i torti: con l’abitudine di partecipare alla Messa crebbe la voglia di andare sempre più incontro a Gesù, mi stava chiedendo di servire come serviva quel prete che incontrai a scuola.
Nel frattempo i miei studi liceali progredivano, superati gli esami finali con una media molto alta fui posto di fronte a un bivio: la media che avevo mi consentiva di entrare in una buona università oppure la via del seminario. Presi del tempo per decidere, nel frattempo insegnavo religione in una scuola e ne divenni vice-direttore. Erano passati due anni da quel momento e improvvisamente si rifece viva in me una voce: “Alberto vieni da me!”. Fu così che entrai in seminario contro il parere dei miei fratelli e dei miei amici, che mi davano del matto.
In questa scelta credo sia stato decisivo l’esempio di mio padre, allora presidente dei laici della nostra diocesi e direttore di banca, dal quale imparai ad amare la Chiesa. Il suo spirito di servizio per la comunità non aveva limiti: spesso ci raccontava come avesse lasciato il posto di lavoro in banca per dare una mano in parrocchia. Non capivo questo suo comportamento e così decisi di chiedergli perché aiutasse tanto la Chiesa sapendo che questa non avrebbe avuto i soldi per ricambiare il suo lavoro come invece faceva la banca. Ricordò che mi guardò e mi disse: “Alberto, il Signore è la mia forza, Lui è la mia fonte, tutta la mia ricchezza”.
Dopo aver studiato per cinque anni nel seminario minore di “St. Gregory the Great” presso la città di Paakoso venni inviato in una realtà del tutto nuova, nel cuore della Chiesa, a Roma alla Pontificia Università della Santa Croce. Dopo due anni di Teologia mi sono accorto di vivere un’esperienza fondamentale sia dal punto di vista della formazione spirituale che accademica, circondato da culture e tradizioni diverse da quella africana e dalle quali si impara molto.
Un pensiero per Papa Francesco? E’ un pontefice straordinariamente vicino e amichevole. L’idea di una chiesa povera per i poveri mi affascina perché mi fa venire in mente proprio la realtà da dove vengo: l’Africa.



Bartosz Wasad, Comunicazione Istituzionale

“La Santa Croce è un’università molto ben organizzata e di portata universale: nel senso che fa luce sul mondo ed è aperta a tutto il mondo. I professori sono molto disponibili e le lezioni veramente interessanti. Sono lieto di far parte di questa realtà.”

 


 

Festa Accademica di San Tommaso d'Aquino, Patrono della Facoltà di Teologia (Passato1)

 

Martedì 20 gennaio 2015, la Facoltà di Teologia celebra la Festa Accademica del Patrono San Tommaso d'Aquino.
Dopo la Santa Messa nella Basilica di Sant'Apollinare, il Rev. Prof. Robert Wielockx (ore 10.45, Aula Magna "Giovanni Paolo II"), terrà la relazione San Tommaso su certezza e libertà.

 



 Da febbraio un Master per formatori di Seminari e un Corso sull'Ars praedicandi, promossi dal Centro di Formazione Sacerdotale

Dal 19 febbraio 2015, il Centro di Formazione Sacerdotale avvia la 2ª edizione del Master per formatori di Seminari, un corso di 44 ore diviso in due semestri per la formazione permanente di sacerdoti studenti a Roma.
Tra gli obiettivi del Master, che gode del patrocinio della Congregazione per il Clero, figura il miglioramento delle competenze nell'ambito del perfezionamento dei progetti formativi, nella conoscenza dei processi di maturazione del seminarista per aiutarlo a sviluppare meglio le proprie capacità, e la preparazione nelle diverse forme di accompagnamento spirituale.
Il programma verterà quindi sulle aree della formazione umana, spirituale, intellettuale, pastorale e sull'organizzazione del Seminario.
Dal 25 febbraio prenderà il via il Seminario sull'Ars praedicandi.
Intitolato La retorica classica e la comunicazione moderna al servizio dell'Evangelizzazione, il corso, della durata di 12 ore, vuole essere un aiuto ai sacerdoti nella preparazione adeguata delle omelie, partendo dagli studi della retorica classica e offrendo delle applicazioni pratiche.

18 Dicembre 2014


BUON NATALE


“La gloria di Dio non si manifesta nel trionfo e nel potere di un re, non risplende in una città famosa, in un sontuoso palazzo, ma prende dimora nel grembo di una vergine, si rivela nella povertà di un bambino. L’onnipotenza di Dio, anche nella nostra vita, agisce con la forza, spesso silenziosa, della verità e dell’amore. La fede ci dice, allora, che l’indifesa potenza di quel Bambino alla fine vince il rumore delle potenze del mondo” Benedetto XVI

La Pontifica Università della Santa Croce vi augura un gioioso augurio per questo Santo Natale ed un Felice anno Nuovo


Dio non ci abbandonerà mai

“Stiamo perdendo la nostra umanità”, queste sono le grida d’allarme provenienti dalla Liberia, e in particolare dalla diocesi di Gbarnga, retta da mons. Anthony Borwah per via

dell’emergenza sanitaria che sta colpendo il suo paese dopo il diffondersi del virus Ebola. “Questa disgrazia sta rendendo impossibile semplici gesti di affetto, come il consolare con un abbraccio una persona che vediamo piangere”.
Mons. Borwah, nostro ex studente di Comunicazione Istituzionale, racconta come per via di questa situazione non abbia potuto partecipare al Sinodo dei vescovi sulla famiglia dello scorso Settembre, tenutosi a Roma. Quest’appuntamento sarebbe stato molto importante ma dal momento in cui si è scoperto il primo caso , ricorda mons. Borwah, è stato dichiarato lo stato d’allarme nel paese, le scuole sono state chiuse, i mercati delle piazze svuotati, e le officine hanno dovuto chiudere i battenti. La malattia ha purtroppo causato anche un ulteriore impoverimento generale delle famiglie, non potendo queste ultime permettersi nemmeno un pasto al giorno.

“Oltre ad essere affamato e arrabbiato” -racconta il vescovo- “il popolo liberiano sta rapidamente perdendo la speranza e crede che Dio lo abbia di nuovo abbandonato.. Di fatti, prima ancora che l’ebola sorgesse come una nuova minaccia, la Chiesa in Liberia stava cercando di sanare le ferite ancora aperte dalla guerra civile di dieci anni fa, che aveva letteralmente messo il paese in ginocchio, causando una forte crisi economica e ad una proliferazione di armi da fuoco.

La situazione è drammatica, le vittime che si contano per via del contagio del virus sono arrivate a 2400, secondo fonti internazionali. Nel frattempo, come informa il Vescovo, la diocesi di Gbarnga ha voluto iniziare una distribuzione di viveri poiché i prezzi del riso, del mais e di altri alimenti stanno subendo un forte rialzo dovuto ad una penuria di rifornimenti che nessuno vuole più fare a causa della presenza del virus Ebola. Inoltre, dieci minuti prima della recita del rosario, in tutte parrocchie i fedeli vengono informati sugli eventuali rischi di contagio. Peraltro la Chiesa Cattolica collabora con le forze governative del paese tramite l’”Ebola Task Force Team”, istruendo gruppi di infermiere nelle diverse diocesi della Liberia.

Ma la storia di mons. Borwah è anche una storia di lotta personale, infatti a causa del virus ha perso un suo caro amico oltre che padre spirituale, il sacerdote spagnolo Miguel Pajares, uno dei primi europei contagiati, che è stato poi trasportato in Spagna dove è deceduto.

“La soluzione?” precisa il vescovo “Ritrovare la nostra umanità, la nostra spontanea bontà, cercando di dare, come Chiesa, delle soluzione che abbiano un effetto duraturo.”
E poi lancia un messaggio al mondo: “Gli amici di Gesù Cristo – i poveri, le donne, i bambini, gli innocenti- hanno bisogno di un supporto spirituale e materiale. Il popolo liberiano sta perdendo la propria fede, la speranza e l’amore. Sono più poveri, più affamati e disperati. Dio non ci abbandona e non ci abbandonerà mai, quindi per favore non abbandonate noi alla devastazione che sta provocando l’Ebola.”


“Per favore pregate per noi”!


Costanza Murgia, 1° anno Filosofia

“Quando si entra in Santa Croce ci si rende conto che non si studia solamente per passare un esame, ma per crescere insieme, appassionarsi, interessarsi e approfondire la ricerca della verità”

 



Venerdì 16 Gennaio 2015 la Pontificia Università della Santa Croce ospiterà la V Sessione del corso  “Economics for Ecclesiastics”, organizzato dall MCE Research Centre, e che avrà come tema principale quello di “Moneta e inflazione”. Il corso sarà presieduto da Lord B. Griffiths of Fforestfach, Vice Chairman di Goldman Sachs International UK.

 

2 Dicembre 2014


 

 


“La prima cosa che mi ha colpito di quest’università è l’atteggiamento così vicino dei professori verso di noi, studenti di primo anno. Per loro prima viene la persona, e poi lo studente.”

Marina Scarrone Secondo anno Comunicazione Sociale Istituzionale:

 



Inaugurato il 30º anno accademico della Santa Croce. "Una Chiesa in uscita ha bisogno di un'università in uscita"

Alle ore 9.30, nella Basilica di Sant'Apollinare, il Vescovo Prelato dell'Opus Dei e Gran Cancelliere, Mons. Javier Echevarría, ha presieduto la Santa Messa votiva dello Spirito Santo, concelebrata dai decani delle Facoltà e dalle autorità accademiche.
A seguire, nell'Aula Magna "Giovanni Paolo II", si è svolto il solenne atto con la lezione inaugurale del rev. prof. José María La Porte, decano della Facoltà di Comunicazione, su Comunicazione della fede e periferie esistenziali.
Nel discorso di apertura del nuovo anno accademico, il Gran Cancelliere ha affermato: "Una Chiesa in uscita ha bisogno di una università in uscita, che non si rinchiuda in una specie di torre d'avorio, ma sviluppi un pensiero che nasca dalla vita e sia posto a servizio della vita".
In chiusura della cerimonia sono state consegnate le medaglie d'argento dell'Università al personale che vi opera da 25 anni.


Giovedì 4 dicembre (ore 17, Aula Álvaro del Portillo), l'Università ospiterà la cerimonia di assegnazione del 2014 Novak Award al prof. Oskari Juurikkala, studioso finlandese esperto in economia e diritto che sta completando il dottorato in teologia. A motivo dell'assegnazione, il prof. Juurikkala terrà la conferenza Un apprezzamento pro mercato di Papa Francesco.

 

Nº 27 Giugno 2014


Un maronita a Roma

Il mio nome è Charbel Obeid, e sono di Byblos, una città nel nord del Libano che si trova a 30 km da Beirut. Sto frequentando il mio primo anno di teologia presso la Pontificia Università della Santa Croce e vivo presso il “Sedes Sapientiae”, collegio internazionale dell'Università per i seminaristi. Ho anche il privilegio e la responsabilità di essere l'unico seminarista libanese a studiare a Roma.

Vengo da una famiglia semplice. Mio padre fa il panetterie e mia madre è una casalinga. La fede religiosa di mio padre mi ha aiutato a crescere nell’aspirazione di essere sempre più vicino a Cristo. Fin dai tempi di scuola, i miei amici mi hanno sempre considerato come un ragazzo veramente sensibile alle cose di Dio,  tanto da soprannominarmi "il prete".

A 18 anni ho iniziato a studiare diritto civile e allo stesso tempo sono stato nominato presidente della pastorale giovanile della mia diocesi, che comprendeva circa 120 giovani. Questo mi ha permesso di incontrare la realtà della Chiesa maronita in un modo speciale e mi ha dato l’opportunità di lavorare a stretto contatto con il Vescovo di Jbeil, e il cardinale Bechara Boutros Rai, che nel 2011 è stato eletto Patriarca di Antiochia, e nel 2012 è stato creato cardinale da Papa Benedetto XVI .

L'esperienza che ho maturato nella mia collaborazione con il Vescovo è stata molto arricchente, perché da un lato ho potuto vedere la fiducia che ripone nella  gioventù, e, dall'altra, ho potuto ammirare il suo instancabile impegno per l'unità dei cristiani. Ricordo che, nonostante il suo lavoro, si è sempre dimostrato disponibile nell’ascoltare le nostre esigenze e celebrare i nostri successi.
Il suo esempio ha fatto crescere in me la vocazione sacerdotale.

Infine, all'età di 22, dopo un lungo periodo di discernimento vocazionale, mi sono iscritto al seminario della sede patriarcale di Bkerke, dove ho completato i miei studi di filosofia. La Chiesa maronita del Libano ha la caratteristica di vivere con altre chiese e religioni, in particolare con la Chiesa greco-ortodossa e l’Islam.
Nel confronto con gli altri, mi sono sempre impegnato nell’incoraggiare il dialogo e la convivenza fraterna.

Il mio primo anno a Roma, è stato meraviglioso!
Ho avuto la fortuna di conoscere e approfondire la liturgia latina, incontrare altri punti di vista e lo scambio di opinioni.
Questa esperienza mi ha aiutato ad aprire i miei orizzonti e rafforzare ulteriormente i vincoli di unità.

L'esperienza più bella è stata l'incontro Papa Francesco.
Ho visto in lui un vero pastore e una guida che si dona completamente al suo popolo. Solo poche settimane fa ho avuto l'opportunità di partecipare all’incontro che il Santo Padre ha avuto con gli studenti dei collegi pontifici di Roma. In quest’occasione ho avuto anche il privilegio di porgli una delle domande che avevamo preparato.
Dopo l'incontro l'ho salutato e ho potuto vedere il suo interesse per la Chiesa in Libano e in Medio Oriente.

La missione è molto impegnativa e difficile, ma anche entusiasmante e incoraggiante. E vorrei ringraziare in particolare tutti i benefattori dell'Università della Croce e Sedes Sapientiae che, con il loro aiuto costante e interesse aiutano la Chiesa nella formazione di veri pastori per la guida del gregge del Signore.

 


 

Nº 09 Maggio 2014


Un seme piantato molto prima di nascere


Mi chiamo Danilo Jubenal Aranda e frequento il terzo anno di teologia alla Pontificia Università della Santa Croce. Sono argentino, della diocesi di San Roque, e sono il più piccolo dei tre figli di una famiglia molto umile. È per questo che crebbi con mia nonna e fui l’unico dei suoi tre nipoti a completare gli studi, grazie anche al suo sostegno e a quello dei miei fratelli. Fu sempre lei a trasmettermi un grande amore per Dio e per la Vergine. Potrei dire che fu lei, senza esserne conscia, a innaffiare quel seme che Dio aveva piantato nel mio cuore molto prima che io nascessi.

Quando ero ragazzo, ero solito percorrere in bicicletta quasi 30 km per frequentare il catechismo e andare in Chiesa. Senza dubbio, ciò creò in me una sensibilità maggiore per le cose di Dio, però furono ben di più la mancanza di sacerdoti e la necessità della gente, a 15 anni, a farmi sorgere il dubbio di voler diventare sacerdote. Senza dubbio, Dio volle che camminassi ancora su altri sentieri per coltivare meglio questo seme ed essere disposto a dire un “sì” più fermo e consapevole.

Così, finii la scuola secondaria ed entrai all’accademia di polizia. Prima che iniziassi ad esercitare il ruolo di pubblico ufficiale, Dio mi chiese chiaramente di cambiare professione: invece di proteggere le persone, mi chiese di dar la vita per loro, proprio come aveva fatto Suo Figlio. A 22 anni, dopo un intenso discernimento vocazionale, entrai nel seminario dell’arcidiocesi di Resistencia, dove compii i miei primi anni di studi filosofici.

Durante i miei anni di studio, si celebrò il venticinquesimo anniversario di fondazione del mio seminario e, per l’occasione, fu invitato il cardinale arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio. Ciò che mi colpì in questo primo incontro con lui e che per me è sempre stato edificante è stato la sua semplicità e vicinanza. Ricordo che servii la messa e, alla fine, ebbi l’opportunità di salutarlo e di parlargli della mia partenza per Roma per studiare teologia. Egli fu molto amichevole, mi fece le sue congratulazioni e mi incitò ad andare avanti così.

Conclusi gli studi di filosofia, andai a Roma per cominciare teologia. Ero entusiasta, però allo stesso tempo avevo una grande paura di non essere all’altezza di quanto mi veniva chiesto, perché ero convinto che solo gli intellettuali venissero a Roma e che di certo si fossero sbagliati sul mio conto... Invece ora, dopo tre anni, vedo che è stata un’esperienza meravigliosa in tutti i sensi: vivere con seminaristi di altri paesi e culture; la professionalità e il sensus Ecclesiae che colgo nei professori della Santa Croce; la fede della Chiesa concretizzatasi nell’arte e nell’architettura; soprattutto, la vicinanza al Vicario di Cristo, vissuta facendo esperienza viva di momenti così importanti come le dimissioni di Benedetto e l’elezione di Francesco.

Quanto a quest’ultimo, condivido con voi la felicità che ho provato nel servire messa per la seconda volta con il cardinal Bergoglio, ma questa volta come Vescovo di Roma. La occasione si presentò alla messa di Pentecoste dell’anno scorso. Fu spettacolare: si estrassero a sorte i nomi di coloro che sarebbero stati gli accoliti tra tutti quelli di coloro che vivevano nella mia residenza e io fui il primo ad essere sorteggiato. Alla fine della messa ebbi di nuovo l’opportunità di salutarlo e di ringraziarlo per tutto quello che stava facendo per la Chiesa. Pochi giorni fa ho potuto vivere un altro momento importantissimo e unico nella storia della Chiesa: la canonizzazione di due papi. Che felicità e che dono di Dio, che mi permette di vivere questi momenti indimenticabili nel cuore stesso della Chiesa!

 


Atto accademico in onore del Prof. Miguel Ángel Tábet

 

Mercoledì 9 aprile, per iniziativa della Facoltà di Teologia, ha avuto luogo l’atto accademico in onore del Rev. Prof. Miguel Ángel Tábet. Durante la cerimonia è stato presentato il volume del libro Collectanea Biblica, edito dal Prof. E. González, in cui è contenuta una raccolta della maggior parte dei suoi scritti.

 


“A Roma cogliamo un po’ dell’esperienza dei primi cristiani che arrivarono a trasformare tutto l’impero”.

Alla Kovalenko
Facoltà di Comunicazione
Ucrania

 

 


 

Pellegrinaggio degli universitari al Santuario del Divino Amore

 

Sabato 10 maggio, per iniziativa della Pastorale Universitaria della Diocesi di Roma, avrà luogo il pellegrinaggio notturno degli universitari al Santuario del Divino Amore,  il cui tema è “Camminiamo nell’allegria”.
Alla fine del Pellegrinaggio – al quale parteciperà un numeroso gruppo di studenti della nostra università – il Cardinal Agostino Vallini, Vicario del Santo Padre per la Diocesi di Roma, celebrerà l’Eucarestia.

 

Nº9 Marzo 2013


Come il lievito della pasta

Un bagliore intenso di fiamme crepitanti che aumentano quasi a voler toccare il cielo, l'aria pesante che diventa irrespirabile. Un incendio brucia il soggiorno e presto tutto viene distrutto. Tutto è ridotto in cenere, i ricordi di una vita, di una tradizione, i mobili, le pagine della Bibbia vengono consumate, bruciate, carbonizzate e così sembra l'umile immagine di Cristo intorno a cui la comunità cattolica si riunisce ogni sera per le celebrazioni liturgiche. Mentre tutto ciò accade le persone terrorizzate assistono al crollo dello sforzo e dei sacrifici di molti anni di vita.

Questo evento ci viene raccontato dal seminarista Aloysius Windianto Angga del Collegio Internazionale Sedes Sapientiae, attulamente iscritto al secondo anno di filosofia presso l'Università della Santa Croce, come un episodio vissuto in prima persona, in seguito la persecuzione cristiana nel suo paese. "Erano quattro le chiese che vidi bruciare e che ricordo da quando ero bambino, momenti che non dimenticherò mai".

Aloysius ha ora 24 anni, ed è originario dell’Indonesia. È venuto a Roma nel 2011 per iniziare i suoi studi in filosofia. Essendo il più giovane di 4 figli che, attraverso il lavoro di suo padre, che era un pittore, doveva spostarsi continuamente da una città all'altra e questo gli ha permesso di conoscere meglio la fede cristiana, incontrare persone di altre religioni e anche vivere in zone in cui i cristiani sono una minoranza. "Ricordo che nella mia adolescenza ero l'unico cristiano nella mia classe, e tutti lo sapevano... Ma ricordo anche che mia madre la sera mi leggeva alcuni passi della Bibbia e così mi ha trasmesso la fede." Come poteva non essere così in un paese dove l’88% della popolazione è musulmana, dove i protestanti, i buddisti, gli induisti e i confuciani e coloro che testimoniano la fede cattolica, rappresentano solo l’1,5% della società.

A 14 anni feci la mia prima comunione e alle 17 dello stesso giorno decisi di entrare in seminario. Tenete conto che era difficile dirlo ai genitori e quindi ho preferito mantenere il segreto fino all'ultimo momento. Dei 22 giovani che sono entrati quest'anno ce ne sono solo otto della sua stessa età, nella Diocesi di Surabaya che ospita circa 100 studenti nel seminario tra junior e senior.

Alla domanda se avesse delle difficoltà ci risponse che Dio gli ha fatto un test: "Nel mio quarto anno di seminario ho avuto un incidente che mi ha lasciato quasi cieco per sempre ... Ho detto al Signore che se voleva che fossi un prete doveva ridarmi la vista, e così è stato, miracolosamente non solo non ha perso la vista, ma anche mi ha fatto 'vedere' Roma ... ".

"Roma per me è una grazia e una grande responsabilità ... - ci viene detto - la responsabilità di essere l'unico seminarista dell’Indonesia nella città eterna, ho il grande compito di riempire il 'sensus Ecclesiae' per essere poi come il lievito che lentamente fermenta nello stesso spirito per i miei fratelli nel sacerdozio dei miei futuri parrocchiani in Indonesia ".

 

 

 


Gli Ordinari Newton e Steenson visitano la Santa Croce


Lunedi '25 febbraio Monsignor Keith Newton, Ordinario dell'Ordinariato Personale di Nostra Signora di Walsingham (Regno Unito) e il vescovo Jeffrey Steenson, Ordinario dell'Ordinariato Personale della Cattedra di San Pietro (USA) hanno visitato l'Università, accompagnati da un gruppo di insegnanti. Mons. Newton, già vescovo nella Chiesa d'Inghilterra fino a quando non è entrato in piena comunione con la Chiesa cattolica nel 2011, e il vescovo Steenson vescovo della diocesi episcopale di Rio Grande fino a che non è entrato in piena comunione con la Chiesa nel 2007. Durante la loro visita ogni facoltà si è aperta l'opportunità per una possibile collaborazione nel campo dell'istruzione.

 


La Santa Croce è come una grande casa in cui sono cresciuto nella conoscenza e nell'amore di Dio. L'eternità non sarebbe sufficiente per ringraziare il Signore di ogni benedizione umana e spirituale che ho ricevuto in questo luogo ".

Jacome Joel Miranda
3 ° anno del Corso di Teologia
Ecuador


Poetica, Comunicazione & Cultura (PC & C)


Il 22 e il 23 aprile la Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce organizza il 6 ° Congresso del PC & C con il tema:
"La figura del padre nella serialità televisiva". Argomento importante in un momento in cui le serie televisive di fantascienza hanno raggiunto in questi ultimi anni un livello di qualità tecnica vicino al cinamatográfico, e dove il modello narrativo usato in letteratura e sempre popolare e usato da molti scrittori classici è stato quello della serialità. L’obiettivo del congresso è lo studio della figura paterna nella serie televisiva. Il padre è la finestra attraverso la quale ci avviciniamo al tema della famiglia per giudicare quanto questo sia rappresentato. Un argomento abbastanza ampio che si presta ad una grande varietà di comunicazioni. La conferenza interesserà il pubblico accademico e gli appassionati di fiction televisive, e anche coloro che sono coinvolti nel ciclo creativo, offrendo l'opportunità unica di riflettere sul proprio lavoro professionale.
Alla conferenza interverranno prestigiosi relatori provenienti da diverse università e anche dal mondo televisivo come Paolo Braga, Università Cattolica di Milano, Alberto fissi della rivista di cinema "Sette Row" e di Costanza Miriano, RAI, nazionale Rg3 e ha contribuito a numerose periodico in Italia.

Nº 8 Marzo 2013


Diacono di Papa Francesco

Il mio nome è José Eric Moguel Farrera, sono un diacono dell'Arcidiocesi di Tuxtla Gutiérrez in Messico. La mia casa è a Cintalapade Figueroa, un piccolo centro agricolo di 30.000 abitanti e con una grande devozione alla Vergine Maria.

Da bambino sono stato lontano da Dio e ho dato poca importanza alla Chiesa. Quando avevo 14 anni però, ho sperimentato la presenza viva di Cristo nei sacramenti della Confessione e dell'Eucarestia. Da quel momento in poi, mi sono innamorato di lui e ho deciso di diventare sacerdote.

Dopo il diploma di scuola superiore nel 2002, sono entrato nel seminario diocesano e sono stato ordinato diacono lo scorso anno, il 12 febbraio. Solo pochi mesi dopo, il mio vescovo mi ha mandato a studiare Comunicazione della Chiesa presso l'Università della Santa Croce. Ora mi trovo nella città eterna ed ho vissuto il momento storico delle dimissioni di Benedetto XVI e l'elezione di Papa Francesco insieme a tutti i fedeli cattolici del mondo.
Quando il nostro Papa emerito ha lasciato il Vaticano, mi sono accorto che una strana sensazione si respirava nell'aria di Roma. Qualcosa - o qualcuno - era necessario! Tuttavia, sono sempre stato certo di quello che Benedetto XVI ha ripetuto costantemente: "è Dio che guida la Chiesa." Questa è la prospettiva con la quale ho vissuto gli eventi che si sono susseguiti.

La notte della fumata bianca, quasi tutta la città era riunita in Vaticano. Tutti gli occhi erano fissi sul camino della Cappella Sistina e quando improvvisamente il fumo bianco ha iniziato a venire fuori è stato un momento di grande goia. I saluti e gli applausi di quando il cardinale Tauran ha pronunciato la tradizionale Habemus Papam, sono stati ascoltati in tutto il mondo. La mia partecipazione come assistente diacono alla prima Messa di Papa Francesco è stata un'esperienza meravigliosa, un dono di Dio che non dimenticherò mai. Circa un mese prima delle dimissioni di Benedetto XVI, il rettore della mia residenza, Tiberino, dove vivo ora, mi ha suggerito di chiedere formalmente di servire in una delle celebrazioni liturgiche del Santo Padre. Appena ho inviato la richiesta è però iniziato il periodo di vacanza. La risposta alla mia domanda è arrivata poco dopo, e riportava circa le seguenti parole: ".. La Sua richiesta verrà presa in considerazione e in uno dei prossimi giorni potrà partecipare a una celebrazione con il Santo Padre" Quella occasione arrivò il giorno stesso dell’elezione del Papa. Non mi aspettavo una cosa del genere non potevo crederci!
L'esperienza di pregare per tutto il mondo insieme a Papa Francesco durante la sua prima Messa è stata straordinaria. Mi sentivo molto nervoso e ad un certo punto ho anche pensato che stavo sognando: la bellezza della Cappella Sistina, i canti liturgici del coro, la presenza del Cardinale, e io così umile, sul lato destro del Vicario di Cristo. Mi accorgo ora che è stata una grande grazia di Dio, non solo per me, ma anche per il mio popolo e per la mia diocesi.

Papa Francesco è arrivato in un momento in cui la Chiesa ha bisogno di sentire il suo amore di Pastore. E 'un padre che è in grado di toccare il cuore degli uomini, ci mostra con la parola e con l'esempio la via che conduce a Gesù - il cammino di povertà, semplicità e apertura di cuore.


Parrocchia slovena in visita alla Santa Croce

Durante gli ultimi giorni di febbraio un gruppo di famiglie della parrocchia slovena di Jarse, diocesi di origine del Cardinale Franc Rodé, Prefetto emerito della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e della Società di Vita Apostolica, ha visitato l'Università della Santa Croce con il loro parroco, Padre Andrej Jemec e p. Matej Pavlic, segretario personale del cardinale e attuale studente di Diritto Canonico presso la nostra Università.

La visita è stata il risultato di una iniziativa del parroco che ha voluto organizzare un pellegrinaggio con le famiglie più numerose e che non potevano sostenere i costi necessari al viaggio, ma volevano veramente visitare la città della Sede di Pietro. Padre Andrej Jemec, con l'aiuto di Padre Pavlic, ha lavorato per offrire a queste famiglie un indimenticabile viaggio, ricco di cultura nella città di San Pietro e Paolo, in modo che loro potessero ravvivare viva la loro fede e trasmetterla ai loro figli.

Durante il pellegrinaggio, le famiglie hanno visitato i luoghi più importanti della Città Eterna, hanno partecipato alla messa in Vaticano con il cardinale Rodé e hanno potuto fare una visita all'Università, compresa la terrazza panoramica Hanno da li potuto osservare gli edifici più importanti della città avendo un punto di vista privilegiato, da cui godere tra gli altri della Basilica di San Pietro. In particolare hanno vissuto un momento particolare del loro pellegrinaggio quando il Papa emerito Benedetto XVI il 28 febbraio è partito per Castel Gandolfo. La loro visita è stata per noi un piacere inaspettato speriamo di averli nuovamente graditi ospiti nella nostra Università.


Sono stati due anni meravigliosi. Le classi non sono molto numerose e questo ci aiuta a conoscere meglio i nostri professori e i compagni di classe. Si può dire che i professori cercano davvero di aiutarti e cercano di metterti nella condizione di poter avere sempre un ottimo risultato. Apprezzo molto inoltre l'ambiente di preghiera e di esempio sacerdotale che loro stessi ci danno ogni giorno.


P. Cory Stanley
Teologia Licenziato
Stati Uniti d'America

 


17º Convegno annuale della Facoltà di Diritto Canonico

La fede, evangelizzazione e Diritto Canonico

«Per riscoprire il contenuto della fede che si professa, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere su l'atto di fede, è un compito che ogni credente deve fare proprio, soprattutto nel corso di questo anno». (Motu proprio Porta fidei n. 9). In questo contesto, la Facoltà di Diritto Canonico dell'Università della Santa Croce, dal 11 al 12 aprile, ospiterà il suo XVII convegno annuale dal titolo: La fede, l’evangelizzazione e il Diritto Canonico.

Il convegno si propone di approfondire il rapporto tra fede e diritto canonico, per cercare di superare l’idea che riduce il diritto canonico a semplice tecnicismo, e cercare di affrontare e risolvere l'indebolimento del Diritto Canonico, data la sua stretta relazione con la fede e la teologia. Essa mira inoltre a dimostrare che la tradizione del Diritto Canonico c esplicita l'inseparabilità del bene dalla fede e l’esigenza di giustizia all'interno della Chiesa.

Il convegno desidera inoltre mettere in luce alcuni aspetti quali: la questione fondamentale per quanto riguarda il rapporto tra fede e ragione nel Diritto Canonico; problemi legali che riguardano il munus docendi Ecclesiae, diritti e doveri dei laici nell'opera di evangelizzazione, il riconoscimento e la protezione civile dell'identità cristiana delle persone e delle istituzioni ispirate dalla fede, la pertinenza della fede nell'organizzazione della Chiesa, i diritti del missionario e gli strumenti per difendere l'identità morale e dottrinale.

Nº 7 Marzo 2013


Una goccia nell'oceano

Il 1 ° e il 2 Febbraio 2013 si è tenuto il secondo seminario annuale per gli imprenditori francesi dal titolo "Leadership des Saints sainteté des leaders". Organizzato dal " Thomas More Leadership Institute "di Parigi, in collaborazione con l'Università della Santa Croce.
Dopo il benvenuto del Rettore, Mons. Luis Romera, sono state organizzate varie conferenze volte ad approfondire; le virtù che devono possedere i leaders, l'unità tra la santità e la leadership, la figura di San Tommaso Moro come esempio ancora attuale e la nostra vocazione professionale, ecc.
Il primo giorno il Cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, ha effettuato una interessante presentazione e nella sessione di domande ha incoraggiato i presenti a continuare a lavorare per formare autentici leader cristiani, secondo la dottrina sociale della Chiesa, tale interessante conversazione è poi continuata nel pranzo, momento in cui i partecipanti hanno espresso la necessità di un sostegno per integrare maggiormente i leaders con la società. Hanno visitato successivamente la Necropoli della Basilica Vaticana dove hanno potuto  visitare e pregare sulla tomba di San Pietro.
Infine la giornata si è conclusa con una visita alla terrazza dell’Università da cui si è potuto godere di una vista panoramica su Roma al tramonto. Dalla terrazza si possono ammirare tutte le maggiori attrazioni di Roma, a cominciare dalla maestosa cupola della Basilica di San Pietro e San Andrea Apostolo, la facciata di Sant'Agnese in Agone, Palazzo Madama, il palazzo presidenziale del Quirinale, e molto altro ancora. La giornata si è conclusa con una cena in cui il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, ha invitato tutti i presenti a sostenere la Chiesa che sta risolvendo alcuni problemi e ha invitato i presenti ad agire, nelle loro vite, per prevenire e combattere l’insorgenza di nuovi problemi.
Il secondo giorno è iniziato con una Messa celebrata da Mons. Guillaume Derville, professore di teologia dogmatica presso la nostra Università, che ha recentemente pubblicato un libro sulla celebrazione eucaristica. Per chiudere nel migliore dei modi, hanno visitato la sede del Collegio Ecclesiastico Internazionale Sedes Sapientia dove, oltre alle riunioni conclusive, i partecipanti hanno potuto parlare e vivere con alcuni dei seminaristi che attualmente beneficiano delle borse di studio concesse dalla fondazione francese (DPTN www.dptn. org).
I seminaristi hanno quindi colto l'occasione per ringraziare i benefattori per l'impegno e la dedizione nel sostenerli, e per l’impengo che stanno avendo nel formare i futuri leader della Chiesa Universale.
The Leadership Thomas Institute è un'istituzione dedicata allo sviluppo personale dei leader attraverso l'istruzione, la formazione e l'accompagnamento nella vita economica, sociale e cristiano.
www.thomas-more-leadership.com


La Scuola di Giornalismo Missouri, ospite della Santa Croce
 

Dal 16 al 20 gennaio, gli studenti della Scuola di Giornalismo presso l'Università del Missouri-Columbia sono stati invitati ad un soggiorno a Roma dalla Facoltà di Comunicazione durante il loro itinerario, "Viaggio in Europa 2013". Oltre a conoscere i locali dell'Università, hanno avuto l'opportunità di visitare la Radio Vaticana, la Basilica di San Pietro e i Musei Vaticani.
La Scuola di giornalismo del Missouri presso la Columbia University è formalmente la più vecchia di tutto il mondo. E 'stata fondata nel 1908 da Walter Williams famoso, nel mondo della comunicazione, per l'introduzione del "Metodo Missouri" che coinvolge l'apprendimento della teoria dei media attraverso la pratica nei laboratori multimediali e nei social media del mondo reale.


Sono venuta all'Università della Santa Croce perché ho sentito da rinomati canonisti che era importante studiare a Roma per avere una visione completa della legge, e che a Roma, la Santa Croce, è sempre stata molto attiva e riconosciuta per il contributo che offre nel campo del Diritto Canonico. Ad oggi posso dire che è vero, infatti, dopo cinque anni di studi presso la Santa Croce, anche io la penso come le persone che mi hanno consigliato di venire qui e questa volta per esperienza vissuta!

Catherine Godfrey
Licenza in Diritto Canonico
Stati Uniti

 


V Corso di Specializzazione in Informazione Religiosa

Nel periodo che va da marzo a maggio 2013, la Scuola di Comunicazione presso l'Università della Santa Croce organizza, in collaborazione con ISCOM (Associazione per la Promozione della Comunicazione Istituzionale) e AIGAV (Associazione dei giornalisti accreditati in Vaticano), il V Corso di specializzazione in informazione religiosa per giornalisti, avente il tema: Contemporary Issues sobrela giornalismo cattolico.
Il corso è stato progettato per essere utile ai giornalisti che si occupano di informazione religiosa e che cercando di acquisire i migliori strumenti per comprendere alcuni degli aspetti della vita della Chiesa. In questa edizione verranno affrontati temi di attualità connessi con l'organizzazione della Curia, il tema dell'eutanasia, la gestione immobiliare all'interno della Chiesa e gli status quaestionis sulla pedofilia. Il corpo docente è composto da professori provenienti da varie università di Roma, varie personalità della Chiesa tra cui il dottor Salvatore Mazza, presidente e giornalista AIGAV "Avvenire", il Rev. Davide Cito, docente della nostra università consulente e membro del Congregación para el clero; Mons. Salvatore R. Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
Il comitato ha anche organizzato visite culturali della Villa Pontificia di Castel Gandolfo, il palazzo della Rota Romana, la sede della Congregazione per la Dottrina della Fede per far conoscere il patrimonio storico, giuridico e dottrinale della Santa Sede.

 

Nº 5 Febbraio 2013


"Amici della Santa Croce" in Canada

Vi presentiamo la testimonianza di uno degli organizzatori di "Amis de l'Université de la Sainte Croix" in Canada che anno dopo anno stanno aumentando le borse di studio che donano per la formazione di sacerdoti e seminaristi a Roma.

Il 19 agosto 2012, 150 persone si sono riunite nella villa "Fête champêtre" al Manoir de Beaujeu, lungo il fiume San Lorenzo, vicino a Montreal, Canada. L'evento ha avuto inizio con una Messa solenne presieduta da Mons. Noël Simard Diocesi di Valleyfield. Si è in seguito svolta una sessione di domande al professore d.Thierry Sole dell'Università della Santa Croce di Roma ed è stato mostrato un video sul lavoro meraviglioso di tutto il mondo dell'Università.
Nel corso della giornata sono stati offerti alcuni corsi di formazione dottrinale a piccoli gruppi e la giornata si è conclusa con una cena di gala servita dagli studenti della scuola alberghiera legata alla Mansion.

Con orgoglio, grazie al duro lavoro, possiamo dire che abbiamo raccolto più di $ 30.000 che abbiamo inviato all 'Università per aiutare gli studenti. Inoltre durante l'anno inviamo altre donazioni da parte di persone che non hanno potuto partecipare all'evento.

Al momento abbiamo più di 400 amici nel nostro database. Per il prossimo anno, il nostro obiettivo è quello di aggiungere 200 persone e ottenere più borse di studio per il college. Ci apriamo a nuove attività, ma per ora, organizzeremo la "Fête champêtre", che è un programma già noto e che dà buoni risultati in Canada.

La "Fête champêtre" è un'iniziativa che ha avuto inizio nel 1994, su richiesta del Venerabile Alvaro del Portillo, che aiutava un gruppo di famiglie a collaborare con l'Università della Santa Croce. Essi sono: il Signor e la Signora Jean-Claude Bleau, il dott. Roger e Miller e la famiglia Bouthillier Kaiko. A queste e a tutte le altre persone che hanno fattoo di questo evento con appuntamento così importante, grazie con  tutto il cuore!


Nuova collezione alla Biblioteca della Santa Croce

Il 6 dicembre 2012, ha avuto luogo la cerimonia di consegna della quarta edizione delle opere complete di Søren Kierkegaard (1813-1855), a cura di N. J. Cappelørn e pubblicato dal centro di ricerca: Søren Kierkegaard Forskningscenteret Università di Copenhagen.

Il lavoro comprende 55 volumi, in lingua originale, donati alla Biblioteca da Bjarup Kirsten e Kjeld Søndergaard, amici e benefattori danesi dell'Università, che erano presenti alla riunione.

Kierkegaard, di cui nel 2013 verrà celebrato il bicentenario della sua nascita, è tra gli autori più rappresentativi che possiede la nostra biblioteca, dopo san Josemaría Escrivá e il Beato Giovanni Paolo II, con più di 300 testi. È anche presente, con il maggior numero di opere, nel Fondo Cornelio Fabro, filosofo nato a Udine, che era un editor, traduttore e commentatore delle opere di Kierkegaard e profondo conoscitore del suo esistenzialismo metafisico.


"Nella Santa Croce ho scoperto che la fede è un tesoro che si tramanda di generazione in generazione, da maestro ad allievo, da diffondere in tutto il mondo e compiere il mandato di nostro Signore di portare il Vangelo a tutte le nazioni ".
 

P. Riley Williams
Studente Teologia Morale I anno
Stati Uniti d'America.


Giornata di Studio su Viktor E. Frankl

Relazioni e legami dell'esistenza umana negli insegnamenti di Viktor E. Frankl, è il titolo della giornata di studio che si terrà il Martedì 26 Febbraio 2013 organizzato dalla Associazione di Logoterapia e Analisi Esistenziale Frankliano di Roma e la Facoltà di Filosofia presso l'Università della Santa Croce. Giornata aperta al pubblico e gli studenti di filosofia delle varie università pontificie.

Viktor E. Frankl (1905-1997), neurologo e psichiatra austriaco, fondatore della Logoterapia. Sopravvisse 1942-1945 in diversi campi di concentramento nazisti, tra cui Auschwitz e Dachau. Fu da questa esperienza che scrisse il suo famoso libro "L'uomo alla ricerca di senso."

Nº 3 Gennaio 2013


Sintesi delle attività realizzate nell'anno accademico 2011-2012.

Presentiamo di seguito una sintesi di alcune delle attività che si sono svolte presso l'Università.

Per il secondo anno consecutivo, il Centro di Formazione Sacerdotale (CFS) ha organizzato un corso di aggiornamento per i sacerdoti dal tema: Il ministero della confessione. Il corso è stato seguito dall’Ars praedicandi, ed ha dato ai partecipanti gli strumenti per preparare al meglio i loro discorsi.
Lo stesso CFS ha poi organizzato la seconda settimana di studio per formatori di seminari dal titolo: il ministero della direzione dei seminari da cui è emersa l'importanza del ruolo degli educatori nella formazione dei futuri sacerdoti.

Il progetto Mercati Cultura ed Etica (MCE), ha realizzato la seconda edizione del seminario sulla storia del pensiero economico, ha affrontato argomenti di grande rilevanza nel mondo odierno. Inoltre in collaborazione con il Consorzio Elis, MCE ha organizzato il convegno: La creazione di valori condivisi, in un'economia sostenibile.

Su invito della Congregazione per l'Educazione Cattolica, l'Università ha ospitato un gruppo di esperti dell’European Higher Education Area in a Global Context. Tale attività ha avuto origine nel contesto delle iniziative necessarie per il "processo di Bologna" e per il reciproco riconoscimento degli studi offerti da istituti accademici europei. E 'stata inoltre realizzata anche la giornata di studio dei rappresentanti delle università pontificie, nel corso della quale si è cercato di determinare il campo di applicazione e le procedure per il riconoscimento delle qualifiche internazionali.

La Facoltà di Diritto Canonico ha stabilito una partnership con l'Institut de Formation théologique di Montreal, per la formazione dei canonisti.

Su richiesta della Facoltà di Teologia, il gran cancelliere ha annunciato la creazione della Cattedra di San Josemaría Escrivá per il Dipartimento di Teologia Spirituale.

In occasione del 150 ° anniversario dell'Unità d'Italia, una delegazione dei Rettori delle Università e degli Atenei Pontifici romani, guidata dal Presidente della Conferenza dei Rettori, Mons. Luis Romera - Rettore della nostra Università – è stata ricevuta al Quirinale dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

La Facoltà di Comunicazione ha ricevuto la visita di un gruppo di studenti della Columbia School of Journalism di New York, che è venuta a Roma per una serie di incontri sul tema: Covering Religion in Rome.

E 'stata inaugurata - alla presenza del Cancelliere Mons. Javier Echevarría – la mostra dell’artista Romano Cosci dal titolo: In cammino con Cristo, dedicata a San Josemaría nel 110 ° anniversario della sua nascita.

Il vincitore della quarta edizione del concorso letterario organizzato dall’Ufficio Consulenza Studenti, dal titolo: L'esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, è stata la studentessa statunitense Kathryn Plazek.


L'universalità della Santa Croce

In occasione delle feste di Natale e Capodanno, gli studenti della Facoltà di Comunicazione della Santa Croce hanno voluto realizzare un video per ringraziare i loro amici benefattori di tutto il mondo. Con piacere condividiamo il link e auguriamo a loro un anno proficuo.

http://www.youtube.com/watch?v=q7AqvClsZ-c&feature=player_embedded #


 

"La Santa Croce offre una formazione di alta qualità. Aiuta a creare professionisti che veramente serviranno la Chiesa. 'Sono molto grata di avere l'opportunità di studiare qui e imparare nel miglior modo possibile ad aiutare la Chiesa ad andare avanti in un momento così cruciale del mondo moderno".

Stephanie DeVito
2 ° anno di Licenza in Comunicazione Istituzionale,
Florida (USA)

 


Giornata di Studio - Robert Spaemann

Giovedi '10 gennaio la Facoltà di Filosofia ha organizzato una giornata di studio in onore di Robert Spaemann in occasione della pubblicazione del suo libro in italiano Natürliche Ziele: Fini naturali. Storia e riscoperta del pensiero teleologico (Edizioni Ares).
Parteciperanno il card. Camillo Ruini, il prof. Sergio Belardinelli, il Prof. Leonardo Allodi e lo stesso Robert Spaemann.

 

Nº 2 Dicembre


Ssekukulu ennungi!


Siamo Onorato V. Ndiwalana Kazibwe e Lawrence, siamo seminaristi, frequentiamo il primo anno di teologia e proveniamo dalla diocesi di Kampala in Uganda, Africa orientale.

Il nostro Natale o nella nostra lingua madre Ssekukulu, è uno dei più grandi eventi dell’anno nel paese. Tradizionalmente i bambini dopo la scuola vanno per le strade portando rami di cipresso in tutto il quartiere accompagnati dai loro insegnanti cantando senza sosta. Dopo aver fatto il giro del quartiere ogni classe, prova la recita di Natale che viene rappresentata di solito la Domenica di "Laetare" o il pomeriggio del 23.

I festeggiamenti iniziano normalmente quando finiscono le lezioni e tutto si concentra il 24, la notte santa della venuta di Cristo sulla terra, che si caratterizza per la celebrazione liturgica che è sempre vissuta con grande allegria. La vigilia di Natale le strade sono piene di bambini che corrono di casa in casa chiedendo di riempire i loro cestini di caramelle e cibo (banane dolci bollite, patate dolci, manioca, ortaggi, ecc.)

In ogni casa si dividono alcune cose con i vicini, dando un vero senso dello spirito del Natale, che ci porta a dare e condividere tutto con gli altri. Da bambini abbiamo vissuto anche noi quei momenti girando, camminando e cercando sempre l’albero di Natale più bello della città, decorato con luci e ornamenti di carta da giornale e artigianato locale, in particolare nella nostra casa è sempre stato addobbato con oggetti fatti a mano da mamme e bambine.
I regali sono molto semplici e pratici, per lo più preparati dai nostri genitori o nonni. I doni più belli sono gli abiti tradizionali del nostro Baganda, e sono ambiti sia dagli uomini sia dalle donne.

La mattina di Natale, i bambini si alzano presto per sentire la musica tradizionale di Natale del leggendario Philip Bongole Lutaaya (cantante ugandese). Nel giorno di Natale le nostre madri preparano il miglior pasto dell'anno. A metà mattina tutto il paese si riunisce presso la chiesa e tutti indossano i loro abiti migliori per andare a Messa.
Non c'è dubbio che a Roma si può mangiare molto bene, ma niente in confronto alla nostra  Oluwombo il nostro cibo fatto in casa è sempre abbondante e preparato con amore, è veramente ottimo! A Natale il cibo è così abbondante che si può facilmente fare indigestione!

Il pomeriggio tutti si recano nelle vie centrali del villaggio dove partecipano ai tradizionali balli e canti di Natale e bevono bevande tipiche della nostra zona come il Matto, e Mwenge Amalwa bigere. Le feste di Natale si svolgono quindi in questo clima di fraternità e di convivenza, dove ognuno cantando e ballando riscopre una parte essenziale della nostra cultura africana.

Cogliamo l'occasione per ringraziarvi, anche a nome di tutti gli studenti di Santa Croce per la vostra generosità e vi auguriamo un felice e santo Natale!

"Tubagaliza Ssekukulu ennungi!"

 


IX Incontro romano degli imprenditori

Dal 16 al 18 novembre, si è tenuto presso l'Università IX incontro romano degli imprenditori sul tema "ricerca della verità", organizzato dalla Fondazione accademica romana. L’evento ha visto la partecipazione di oltre 80 persone, per lo più famiglie spagnole e benefattori dell'Università della Santa Croce.

I partecipanti, nei giorni di permanenza, hanno avuto la possibilità di fare alcune visite culturali come la prigione Mamertina dove San Pietro fu imprigionato poco prima del suo martirio, la necropoli sotto la Basilica di San Pietro e altri luoghi importanti della città. Hanno inoltre visitato il collegio internazionale Sedes Sapientiae dove attualmente vivono circa 85 seminaristi provenienti da oltre 30 paesi diversi. Infine, hanno partecipato all'Angelus e alla benedizione successiva domenicale del Papa.

Gli interventi dei professori della Santa Croce sono avvenuti in un ambiente cordiale e sereno, in particolare si evidenzia su tutti l'intervento del Rev. Rettore Luis Romera. Particolarmente ha colpito i partecipanti l'intervento del difensore del vincolo del Tribunale Ecclesiastico Metropolitano di Madrid, Maria Alvarez delle Asturie.

Dopo alcune settimane dalla manifestazione, abbiamo ricevuto numerosi biglietti di ringraziamento da parte dei partecipanti per l'ospitalità ricevuta. Li ringraziamo per questo gesto ma in particolare i nostri seminaristi ringraziano loro e ricambiano con le preghiere per tutti gli sforzi che questi Benefattori stanno facendo per aiutarli a formarsi e vivere nella città eterna.


La Santa Croce mi ha dato una grande accoglienza!

Ho trovato la metodologia didattica eccezionale, perché nonostante la difficoltà della lingua sono riuscito ad apprendere molto rapidamente. In un modo o nell'altro tutta la nostra vita spirituale, attraverso la preghiera, è in relazione con quello che facciamo qui. "

Eddy Avelino Gerardo De La Cruz

Studente di Teologia
Repubblica Dominicana


Festa della Facoltà di Diritto Canonico

Mercoledì 9 gennaio 2013 la Facoltà di Diritto Canonico festeggerà l'apertura del suo anno accademico dedicato a San Raimondo di Peñafort, patrono di giuristi e avvocati. L'attività avrà inizio con la Santa Messa alle ore 9.30 e continuerà con il discorso del cardinale Giuseppe Versaldi, Presidente della Prefettura per gli Affari Economici della Santa Sede con il tema: "La capacità di sposarsi nel magistero di Benedetto XVI ".

Nº 1 Dicembre


Ne vale veramente la pena!

Il mio nome è Alvaro Tajadura, e sono un sacerdote della diocesi spagnola di Burgos. Sono entrato in seminario a 17 anni, dopo aver partecipato ad un incontro con il beato Giovanni Paolo II a Madrid, un evento che ha cambiato completamente la mia vita.

Ricordo molte bene le sue parole che ancora oggi conservo nel mio cuore: "Mio caro giovane, quando si sente la chiamata di Dio che dice seguimi, non restare in silenzio, perché ti posso assicurare che vale la pena dedicare la vita per Cristo e per il Vangelo."

Sono stato quindi ordinato sacerdote il 3 luglio 2009.  Dopo alcune settimane, sotto la direzione di Mons. Francisco Gil Hellin, sono tornato a Roma per specializzarmi in Comunicazione Sociale in modo che possa fornire un aiuto migliore alla mia diocesi.

Questo è il mio terzo e ultimo anno a Roma, e posso dire che è stato veramente un dono immenso poter vivere i miei primi anni di sacerdozio nel cuore della Chiesa.

Sono stato vicino al Papa, ho sentito la sua universalità, ho visto come tutti i sacerdoti e seminaristi, nonostante le nostre diversità culturali, condividano la stessa fede e lo stesso ideale restando accanto alla solida roccia di Pietro, queste sono le sensazioni più intense che ho ricevuto in questi anni a Roma.

Studiare presso l'Università della Santa Croce e vivere nel Collegio Tiberino sono stati una ulteriore benedizione del Signore, non solo perché ho ​​ricevuto una buona educazione, ma perché i miei insegnanti sono stati in grado di trasmettere a noi il loro impegno e amore per la Chiesa e il santo padre.

Vivere con i sacerdoti del Collegio Tiberino mi ha anche aiutato a capire altre realtà che sta vivendo la Chiesa in tutto il mondo. Mi ha colpito su tutte, ad esempio, la testimonianza di uno dei miei compagni, un prete dalla Cina, che è stato catturato e imprigionato solamente per aver esercitato il suo ministero.

Storie come questa ma anche tante altre mi hanno fatto capire che essere prete "ne vale veramente la pena!".

 


Messa inaugurale dell'anno accademico 2012/13

Lunedi ', 8 ottobre, presso la Basilica di S. Apollinare, il Vice-Cancelliere dell'Università, Mons. Fernando Ocáriz ha presieduto la Santa Messa dedicata allo Spirito Santo, per l'inaugurazione dell'Anno Accademico 2012/2013.

Il nuovo anno si è quindi formalmente aperto lunedi 5 novembre con la lezione inaugurale che ha visto tra gli altri la presenza del Rettore dell'Università e del Prelato dell'Opus Dei, S.E.R. Mons. Javier Echevarría.

"Dobbiamo essere protagonisti, con Cristo, degli atti di grazia in cui speriamo nei prossimi mesi", ha detto Mons. Ocáriz nella sua omelia riferendosi dell'Anno della Fede appena inaugurato da Papa Benedetto XVI. "Il Signore e la Chiesa si aspettano un rinnovato impegno da parte nostra per rilanciare le radici della nostra fede. Facciamo appello all'aiuto dello Spirito Santo, che Gesù ha inviato a noi dal Padre."

"La fede è assolutamente necessaria sia per lo studio della teologia sia delle altre discipline ecclesiastiche", ha aggiunto il Vice Gran Cancelliere dell'Università. "Questo studio non sarà mai completo veramente senza la piena fedeltà alla Rivelazione, trasmessa attraverso la Sacra Scrittura e la tradizione viva della Chiesa, interpretata dal Magistero".

 


Samuel Bonilla

"L'ambiente qui è quello che ho sempre voluto". Molte porte si sono aperte prima che io ne avessi saputo nulla. Ad esempio, ho la grande opportunità di imparare l'inglese o qualsiasi altra lingua che possa desiderare!"               Studente di teologia

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