Ars praedicandi
La retorica classica e la comunicazione moderna
al servizio dell'Evangelizzazione
III edizione
Roma, 15 febbraio - 5 aprile 2017
Che cosa fare per evitare omelie generiche ed astratte che occultano la semplicità della parola di Dio? Come prepararsi per parlare adeguatamente ad un pubblico abituato al linguaggio multimediale? Come essere più convincente per rompere l’indifferentismo religioso che dilaga?
La definizione classica del perfectus orator, attribuita a Cato Maior, è ancor oggi attuale: “Un uomo buono che sa parlare bene: vir bonus dicendi peritus”. Parlare bene è convincere (movere). A tal fine tendono, inoltre, le altre due caratteristiche dell’oratoria: delectare e docere, che, nella predicazione barocca, Emanuele Tesauro riassumeva come “insegnar dilettando e dilettare insegnando”.
Ma se il movere non fosse semplicemente umano? Come insegnava Fray Luis de Granada, un altro esponente della predicazione europea, l’evangelizzatore vuole trascinare alla gloria di Dio e alla salvezza delle anime. L’ars praedicandi ha quindi bisogno di una “tecnica” speciale.
Nella retorica umana, la perfezione stilistica e formale dell’oratore, ove non coadiuvata da altre virtù, diviene controproducente e genera nell’uditore il timore di essere manipolato. Proprio per questo, nella predicazione è necessario integrare le capacità oratorie con altri mezzi di persuasione, quali l’ethos, il logos e il pathos. L’argomento razionale (logos) deve essere unito non solo all’autorità del predicatore (ethos: vir bonus), ma anche alla sua connaturalità con la grazia. Solo così sarà possibile l’apertura degli udenti al rinnovamento della loro vita (pathos).
In tale prospettiva, il Seminario Ars praedicandi si basa su un concetto innovativo d’integralità retorica e consta di due moduli, in cui si esaminano questioni sostanziali applicate alla predicazione di ogni sacerdote.
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