Dostoevskij, uno scrittore che vuole guarire. Conclusa la due giorni di "Poetica & Cristianesimo"
Dostoevskij è uno scrittore vivo che incide nelle esperienze di altri autori odierni, suscitando interrogativi su come svolgere al meglio il compito di raccontare la realtà. Su questi temi si sono confrontati Eraldo Affinati e Alessandro D'Avenia, entrambi insegnanti e scrittori, intervenendo alla tavola rotonda conclusiva del VII Convegno di Poetica&Cristianesimo, promosso dalla Facoltà di Comunicazione della Pontificia Università della Santa Croce sul tema Dostoevskij: abitare il mistero i giorni 27 e 28 aprile 2017.
Dostoevskij è "l'uomo della ricucitura, del risanamento: mette a posto le piaghe", ha esordito Affinati, ricordando come nella sua opera traspaia al tempo stesso una forte "radice pedagogica". Lo scrittore, in fondo, "vuole guarire, non vuole ammalarsi: punta alla guarigione e alla speranza, anche se tutta la ferita se la porta dentro". Quanto alla letteratura in generale, Affinati - che nel 1992 ha esordito con Veglia d'armi. L'uomo di Tolstoj - ha spiegato come sia qualcosa che "serve a intensificare l'esperienza" umana, "ad aggiungere, non a togliere, e a darci una carta in più".
Per D'Avenia, Dostoevskij è colui che "in ogni pagina fa sentire dentro di te uno spazio aperto al sacro" e trasmette l'idea "che in una visione cristiana del mondo l'amore ha la priorità rispetto alla conoscenza". Infatti, "non c'è aumento di conoscenza del mondo che non sia preceduto da un aumento di conoscenza dell'amore". Porsi davanti ad un'opera letteraria è come "abitare un mistero": "mentre ti fa accadere una storia interessantissima", in realtà ti sta facendo sperimentare "un'altra storia molto più grande che risuona nella vita di ogni essere umano ogni giorno".
Che lo scrittore russo continua ad offrire spunti di riflessione in ambiti molto diversi è emerso nel corso degli interventi che si sono succeduti al Convegno. Per l'antropologa Federica Bergamino, il "vissuto d'insieme" che traspare dai personaggi di Dostoevskij, mostra che "la debolezza è la fessura in cui può entrare la luce dell’altro e in ultima istanza di Dio". L'uomo - ha aggiunto - ha il potere "di far entrare questa luce o rifiutarla, chiudersi per la paura determinata da uno sguardo ideale e finito sulla nostra miseria".
Nell’analisi di alcuni passaggi delle opere di Dostoevskij, Tat'jana A. Kasatkina, docente all'Istituto mondiale dell'Accademia delle Scienze di Mosca, ha messo in evidenza la difficoltà di realizzare una traduzione che rispecchi con fedeltà il pensiero e la profondità del vocabolario usato dallo scrittore russo.
Sulla famosa espressione di Dostoevskij “la bellezza salverà il mondo”, Adriano Dell’Asta, docente di letteratura russa all'Università Cattolica del Sacro Cuore, ha spiegato che dal rapporto tra "esigenza della bellezza ed esigenza umana di armonia, serenità e piena umanità", "non è poi così difficile passare al rapporto tra bellezza e salvezza”.
Giuseppe Ghini, dell’Università di Urbino, ha sottolineato come nelle opere del scrittore russo "i personaggi hanno come punto di convergenza e di paragone l’immagine di Cristo, un’immagine presente dentro il romanzo stesso e a cui essi cercano di conformarsi”. Tuttavia, “il conformarsi a Cristo è l’esito di un processo mai concluso, di una impresa spirituale che comporta una lotta”.
Lungo i decenni ci sono stati molti adattamenti dell'opera dell'autore russo in ambito cinematografico; il critico José García ha evidenziato come sono ancora molto più interessanti i riferimenti indiretti che emergono dall'opera di registi come Woody Allen e Aki Kaurismäki, influenzati soprattutto dai romanzi Delitto e Castigo e L’Idiota.
Tradurre l'esperienza letteraria in arte visiva è stata la sfida intrapresa dall'artista Cristina Aymerich, che ha realizzato una mostra di cinque opere su altrettanti personaggi de I fratelli Karamazov. Presentando la sua proposta, Voces en el silencio, la Aymerich ha raccontato come questo incontro con i personaggi abbia prodotto in lei "una eco interiore", trasformando l'esperienza in "mezzo di conoscenza e approccio al mistero".
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Dostoevskij: abitare il mistero è il tema del VII Convegno Internazionale di "Poetica & Cristianesimo", promosso dalla Facoltà di Comunicazione Istituzionale il 27 e 28 aprile 2017.
Lo scopo era di approfondire il rapporto tra il Cristianesimo del grande scrittore russo e il senso di vuoto dell’uomo contemporaneo. Si intendeva analizzare la sua opera in una prospettiva interdisciplinare (dalla teologia all’antropologia, alla cinematografia) e così mettere in risalto, nella poliedricità dei suoi scritti e del suo pensiero, il modo in cui Dostoevskij permette di entrare nel mistero di Dio e dell’uomo e che cosa ci dice oggi.
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