Nuove religiosità e rapporto tra religione e filosofia
Al centro del X Convegno internazionale della Facoltà di Teologia
Pontificia Università della Santa Croce - 10.03.2006
ROMA (10.03.2006) La compatibilità tra la religione cristiana e la ragione filosofica , gli snodi culturali dell'odierno discorso sulla religione, la specificità della fede cristiana e della religione cristiana , la nuova religiosità nello scenario religioso del XXI secolo , le interpretazioni della religione nella modernità . Sono questi i temi cardine affrontati nel corso del X Convegno internazionale "La natura della religione in contesto teologico", organizzato dalla Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce.
Ad aprire i lavori è stato il rev. Prof. Luis Romera, ordinario di Filosofia alla Santa Croce, con una relazione sugli snodi filosofico-culturali del discorso sulla religione, frutto dell'evoluzione sociale della religiosità durante il secolo scorso. Anzichè assistere al tramonto definito della religione e di Dio, la società contemporanea verifica in sé il risveglio di una nuova religiosità, frutto dell'insoddisfazione lasciata dall'emarginazione dell'istanza religiosa. Nella cultura contemporanea convivono quindi correnti diverse, in un quadro sociale non univoco né sempre coerente, ha aggiunto Romera. Di fronte a questo panorama, si presenta alla teologia un doppio compito. Da una parte occorre mostrare la rilevanza antropologica della religione, e concretamente del cristianesimo, all'uomo di oggi e manifestare il significato della fede cristiana per l'autocomprensione esistenziale dell'uomo e la sua irriducibilità ad altre proposte antropologiche. D'altra parte bisogna favorire la comprensione della verità della religione o, se si vuole, della verità nella religione mediante criteri di discernimento, da parte dell'individuo, per identificare l'autentico per antonomasia nell'ambito religioso, e di ragionamenti, da parte della teologia, per mostrare l'irriducibilità della fede cristiana e il suo valore universale. Romera ha concluso il suo intervento con un piccolo accenno alle manifestazioni violente di fondamentalismo religioso, ribadendo che i valori cristiani, non soltanto hanno definito le basi storiche delle culture occidentali e delle loro società democratiche, ma costituiscono tuttora una fonte di atteggiamenti sociali difficilmente rimpiazzabili e di principi per la salvaguardia di dimensioni fondamentali dell'umano.
Al prof. Enrico dal Covolo, docente di Letteratura cristiana antica greca all'Università Pontificia Salesiana, è stata affidata una relazione sulla religione nell'età classica. Che cosa insegna all'uomo, e in particolare al teologo di oggi, il sentimento religioso degli antichi?, si è chiesto lo studioso. Molto poco sul piano dei contenuti: il mito non è per gli antichi oggetto di fede, almeno nel senso che noi oggi intendiamo. Molto di più ha da dire il percorso storico-religioso riguardo al fatto che l'uomo classico non può essere compreso al di fuori di un suo pecularia atteggiamento religioso. Inoltre ha aggiunto dal Covolo rimane alquanto istruttiva la fenomenologia degli incontri e scontri tra pagani e cristiani dinanzi alla religione, in particolare l'opzione conclusiva dei primi cristiani per la verità, piuttosto che per la consuetudine.
Il prof. Jude Dougherty, della Catholic University of America, ha invece offerto una interpretazione della religione nella modernità, analizzando in particolare l'eredità lasciata da Hume e Kant quale fondamento del contemporaneo agnosticismo Europeo, sorgente sotterranea del fallimento dell'Unione Europea nel riconoscere, nella sua Costituzione, le origini elleniche e cristiane della cultura occidentale. A restare al palo, ha affermato Dougherty, è il riconoscimento che questa creatura, l'uomo, è un essere fatto a immagine e somiglianza di Dio, ed è nutrito da una legge divina . Senza apertura alla trascendenza, l'uomo è ridotto ad un essere fisico, ad una insignificante, fredda e transitoria esistenza.
Sulla specificità della fede cristiana, la singolarità e l'universalità del suo evento fondatore è intervenuto invece il rev. Prof. Pierangelo Sequeri, della Facoltà Teologica dell'Ialia Settentrionale. Non basta che la religione si presenti come interpretazione autentica e regolazione spirituale del sacro. Essa deve mostrarsi all'altezza dell'azzardo che si prende, affrontando il compito di indirizzare l'uomo alla salvezza e al compimento. Deve perciò scontare in se stessa, a favore dei terzi, il conflitto con il sacro che quell'azzardo comporta. Lotta col Satana, lotta con l'Angelo, e intimità con Dio che viene a capo con ogni timore e tremore della loro irriducibile differenza. La dialettica della religione e della fede è un nucleo vitale per la comprensione del cristianesimo ha aggiunto Sequeri -: nella sua anomala singolarità e perciò nella sua universalità. Rimane il fatto che la pura contrapposizione della fede alla religione taglia semplicemente fuori l'universale umana della relazione con Dio. Per cui lo spazio e la lingua della religione rimane quello in cui la rivelazione di Cristo si è attestata concretamente secondo la sua verità: proprio l'incarnazione del Figlio sbarra la strada alla rimozione della religione quale condizione di una maggiore purezza della fede.
Il prof. Horst Bürkle, della Ludwig-Maximiliens.Universität di Monaco di Baviera, si è invece soffermato sul tema religione o religioni? determinando il rapporto tra il cristianesimo e la pluralità delle altre religioni. Tutte le religioni sono soltanto approcci e percorsi che, lungo le vie dei propri condizionamenti culturali, tendono allo scioglimento dell'identità personale nell ancestrale ed eternamente uguale a se stesso fondamento divino. Può trattarsi dei metodi del classico yog indiano, oppure dell'autoalienazione seguendo il sentiero ottuplice di Buddha che sfocia nel nirvana, ebbene con tali metodi si realizzerebbe l'unica religione. Essa, nelle religioni realmente esistenti dell'umanità, si troverebbe sempre in forme preliminari, essendo il suo raggiungimento sempre e soltanto avvicinamento. Essa rimane una meta ideale-tipica, come tale continua a sottostare alle leggi naturali del mondo.
Il prof. Massimo Introvigne, direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR) ha invece offerto una spaccato del ruolo della nuova religiosità nello scenario religioso del XXI secolo. Secondo i dati in possesso dello studioso, negli Stati Uniti si contano circa 1.500 nuove religioni , circa 300 in Italia e diverse migliaia in Africa. Tuttavia precisa il numero di aderenti a questi movimenti rimane piuttosto contenuto: in nessun paese dell'Occidente sembrano superare il due percento della popolazione. In Italia, è più probabile che si aggirino intorno all'uno per cento. Nel caso dell'Italia c'è poi da considerare che oltre la metà di quell'uno percento della popolazione che fa parte di religioni alternative è rappresentato da un unica religione, i Testimoni di Geova e molte di quelle elencate nei repertori enciclopedici del CESNUR non superano i trenta membri. La più grande religione ha ricordato lo studioso italiano si trova in Occidente, quella delle persone impegnate in un credere senza appartenere. Questo fenomeno di disistituzionalizzazione della religione è una delle caratteristiche salienti del sacro postmoderno. Non ha torto chi invita a non sopravvalutare le nuove religioni in quanto la loro incidenza percentuale, particolarmente in Occidente, è ancora molto ridotta. Tuttavia, ricorda Introvigne, si ha ugualmente torto quando si sottovalutano. Esse, infatti, non sono importanti soltanto per le loro dimensioni quantitative, ma ancor più per la loro capacità di influenza cerchie molto più vaste di persone .
Al rev. professor Giuseppe Tanzella-Nitti, ordinario di Teologia fondamentale alla Santa Croce, è invece toccata la relazione su Cristianesimo e domanda cosmologica: universalità della ragione e universalità della religione. Se accettiamo di porre a tema la questione della verità di una religione, saper mostrare una convergenza, o almeno una compatibilità con quanto la ragione filosofica può concludere sul problema cosmologico, diviene, per una religione, una condizione necessaria, sebbene non sufficiente, per la sua verità, ha affermato Tanzella-Nitti. Da parte sua, la Rivelazione ebraico-cristiana ha sempre ancorato l'universalità del suo messaggio salvifico in un contesto, quello cosmologico, sul quale anche la religione poteva liberamente confrontare le proprie specifiche istanze di universalità. Per cui, la stessa Rivelazione contiene risorse sufficienti per mostrare che tale garanzia continua a valere anche nei confronti delle contemporanee forme di razionalità, non esclusa quella scientifica .
Le sfide che si aprono pertanto alla teologia cristiana consistono nel dover offrire un raccordo soddisfacente fra storia della salvezza e storia del cosmo, consapevole che quest'ultima assume oggi contorni e scenari che solo pochi decenni fa erano impensabili. Occorre poi fornire nuove risposte sulla portata e sul reale significato del male cosmico, nelle forme in cui sappiamo che esso si è manifestato nel lento sviluppo evolutivo della geologia del nostro pianeta, nella lotta per la sopravvivenza di numerose specie biologiche, e nella faticosa, ma insieme straordinaria, progressiva ascesa dell homo sapiens.
Infine, è fondamentale, per Tanzella-Nitti, l'elaborazione di una sintesi che mostri la non conflittualità fra la singolarità del cristianesimo e la pluralità oggi reclamata in un contesto planetario da un confronto con le religioni della terra, e che potrebbe essere in futuro reclamato perfino in un contesto cosmico, quando indotto dalla eventuale scoperta di forme di vita diverse da quelle oggi conosciute sulla terra. Una sintesi che non relativizzi l'evento cristiano, ma piuttosto approfondisca la dimensione cristologica presente sia in ogni rivelazione di Dio nella natura, sia in ogni soteriologia che a tale rivelazione risulterebbe associata.
L'ultimo intervento lo ha tenuto il prof. Paul O'Callaghan, decano della Facoltà di Teologia della Santa Croce, su Cristianesimo e domanda antropologica: il cristianesimo è una religione?. Lo è senz'altro, ha esordito O'Callaghan, e nelle sue diverse manifestazioni include gli elementi più caratteristici che, tra gli studiosi del fenomeno religioso, dobrebbero contrassegnare ogni fenomeno religioso: il senso del Sacro, la presenza del divino nella vita umana, la consapevolezza della dipendenza da una sua forza superiore, una struttura tripartita di credenze, norme etiche e culto. Una chiave di lettura per comprende la natura della religione in genere è però data, secondo O`Callaghan, dal rapporto che essa ha con la violenza. Citando il discorso di Giovanni Paolo II alla Giornata per la Pace di Assisi del 1986, lo studioso ha affermato che le religioni si autosqualificano se non promuovono la pace, in altre parole se tentano di propagarsi con dei mezzi violenti. Per cui, una religione deve obbedire ad un criterio di fondo, che è la capacità di promuvere la pace ed evitare la violenza. Per affermare, poi, che il cristianesimo è non soltanto una religione , ma la vera religione, occorre seguire due cammini: il primo, strettamente teologico poiché richiede la fede e il secondo, antropologico, che tenta di dimostrare il valore del cristianesimo a partire dalla sua umanità, tra l'altro perché in esso non trova spazio la violenza, la distruzione dell'uomo, ma piuttosto la sua piena realizzazione.
Circa 30 le comunicazioni presentate da docenti provenienti da diverse nazioni nel corso delle due giornate dei lavori. Si va, ad esempio, dal Dialogo interreligioso di Gian Luigi Brena a Religione e verità in san Tommaso d'Aquino di Alberto Strumia, a Esperienza religiosa e realismo cristiano di Graziano Borgonovo. Inoltre, il volto femminile della religione , i fondamentalismi religiosi e riferimenti a Joseph Ratzinger, San Tommaso, Edith Stein, Cartesio
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